Esercito francese 1859

aquila imperiale francese

Armi bianche, da fuoco

Armi da fuoco regolamentari francesi

nella campagna d'Italia del 1859

Il sistema detto della Guardia Imperiale (1854)

In Francia il primo sistema di armi individuali rigate all'origine venne introdotto in occasione della rifondazione della Guardia Imperiale nel 1854. All'epoca rappresentava quanto di meglio offriva la moderna tecnologia in fatto di armamento individuale. Il sistema, detto appunto "della Guardia Imperiale", era costituito da tre armi:

Si rese necessario includere nel sistema della Guardia anche il moschetto da gendarmeria in quanto esso andava ad armare tradizionalmente zappatori e trombettieri delle truppe a piedi.
Costruito sulla forma del corrispodente fucile da fanteria, il fucile della Guardia Imperiale si differenziava da quest'utimo per avere la canna solcata da 4 rigature destrorse elicoidali di profondità progressiva che, secondo i dettami in auge all'epoca, dal mezzo millimetro misurato nel fondo si culatta si riducevano fino ad 1/10 di mm al vivo di volata per un passo di 2 metri (cioè la palla compiva un giro completo sul suo asse dopo 2 metri dalla posizione iniziale). Inoltre il fucile si caratterizzava, rispetto al corrispondente fucile da fanteria, per un alzo fisso più alto e con spigoli arrotondati (all'epoca solo nei fucili per truppe leggere era concepito un alzo mobile graduato). Base delle tacca di mira arrotondata (altezza 11 mm). Bacchetta a testa piana con incavo sferico al centro. La palla che il fucile sparava, fulcro di tutto questo innovativo sistema appositamente ideato per la nuova Guardia Imperiale, fu la prima regolamentata in un fucile rigato senza stelo. palla per armi rigate della Guardia ImperialeDiametro palla 17,2 mm, peso 36 g, carica di polvere 4,5 g. La capacità di autoforzamento del piombo permise di ridurre il peso del proiettile, e quindi della cartuccia, a 36 g contro i 47,5 g della palla per la carabina a stelo e 49 g della palla per con "culot". La precisione di tiro andava a collocarsi a metà strada tra il fucile da fanteria e la carabina da cacciatore.
La baionetta originaria è quella del 1822 anche se si distribuiva indifferentemente assieme al M. 1847.

Berretto d'orso da granatiere della G.I. del 2° reggimento, tunica post-1859 e fucile M. 1854 con baionetta M. 1847 della G.I.

Tavola 5 del regolamento sulla conservazione e manutenzione delle armi, anno 1845. Da sinistra a destra:

  1. sciabole per truppe a piedi M. 1831
  2. sciabola-baionetta dei cacciatori d'Orléans
  3. sciabola d'artiglieria a piedi M. 1816
  4. sciabola da fanteria M. 1816
  5. spada da sottufficiale del genio

Tutte queste armi saranno in dotazione nella Guardia Imperiale fino al 1866.

Panoplia d'armi relativa al Secondo impero e più precisamente alle Cento Guardie, il corpo addetto alla custodia della famiglia imperiale. Oltre ad una corazza e ad un elmo da ufficiale, vi sono raffigurati un bel esemplare di fucile e di pistola, ambedue a retrocarica e ambedue ideati da Treuille de Beaulieu.

Altro esemplare di fucile per Centoguardie con armamento a leva sotto il grilletto e un inconsueto moschetto da cavalleria a retrocarica Arcelin con la sua sciabola lancia.

Cartucce per armi rigate in uso a metà '800:

I fucili della fanteria di linea

Evoluzione del fucile M. 1822 nel tempo: dalla pietra focaia alla rigatura della canna.

  1. fucile da granatiere M. 1822
  2. fucile da volteggiatore M. 1822
  3. fucile da granatiere M. 1822 T
  4. fucile da volteggiatore M. 1822 T
  5. fucile da fanteria M. 1822 T bis (fucile da granatiere con canna accorciata)
  6. fucile da fanteria M. 1822 T bis (fucile da volteggiatore)

Dati essenziali del M. 1822 T usato nella campagna d'Italia:

Le varie trasformazioni subite da questo fucile nel corso degli anni sono chiaramente riassunte nelle immagini: le due varianti iniziali per le compagnie scelte (granatieri e volteggiatori) vengono unificate: solo la posizione della fascetta centrale tradisce una provenienza originaria del fucile da granatiere (fugura 5). Da notare il mirino eliminato dal secondo anello del bocchino e saldato direttamente sulla canna dietro al primo anello (figura 3 e seguenti). Particolarità dei fucili a canna rigata: il tipo di bacchetta a "capocchia di chiodo" per la palla cilindro-ogivale incavata del 1857.

La baionetta era quella originaria del 1822.
Il fucile trasformato (T) impiegava un palla sferica avente 17 mm di diametro per un peso di 22 g e propulsa da una carica di 9 g. Questa venne sostituita dalla palla Nessler, che assicurava una migliore traiettoria, poi, dopo la rigatura (avvenuta successivamente alla campagna d'Italia, nel qual caso il fucile assunse la denominazione M. 1822 T bis), dalla palla del 1857 per armi rigate (diametro 17 mm, peso 32 g, carica 4,5 g).
Il fucile sarà infine trasformto a retrocarica (sistema detto "a tabacchiera") nel 1867. La foto a destra mostra le tappe fondamentali di questa straordinaria carriera durata 45 anni.

Palla Nessler e relative quote.

Le trasformazioni del fucile M. 1842.

Quello del 1842 resta il modello più diffuso tra la fanteria di linea benché si trovino nelle compagnie modelli 1822 (T), 1853 e 1859 (quest'ultimo introdotto dopo la campagna d'Italia). La baionetta raffigurata, del 1847, si riconosce facilmente per avere il tallone della lama a spigoli arrotondati anziché a spigoli vivi del modello precedente (del 1822). Gli oggetti di vestiario comprendono un cappotto da caporale, uno sciaccò modello 1855 del 17° di linea (bordo superiore garanza), un secondo sciaccò del 1856 (bordo superiore giunchiglia per tutta la fanteria di linea e per il 1° reggimento straniero) ed una spallina da fuciliere del 1852. I pompon da sciaccò delle compagnie scelte (due sfere di diametro 45 e 60 mm) sono gialli (giunchiglia) per i volteggiatori e rossi (garanza) per i granatieri. Nel 1859 le truppe provenienti dal territorio metropolitano indossavano tutte questi effetti d'uniforme, salvo liberarsi dello sciaccò una volta giunte a piedi via Moncenisio in territorio italiano, come testimonia nelle sue memorie il soldato Bonnefoy. Unico copricapo sarà il più comodo e leggero berretto da fatica ("bonnet de police") a imitazione delle truppe provenienti dall'Africa.

Tre fucili da fanteria posati uno sopra l'altro. I primi due sono in origine da granatiere, il secondo è stato accorciato senza modificare la posizione della seconda fascetta, mentre il terzo è da volteggiatore d'origine.

Posato accanto ad un esemplare di fucile M. 1842 prodotto dalla Manifattura reale di Chatellerault, vi è la sciabola-daga per truppe a piedi, definita nei testi sciabola M. 1831, riservato ai sottufficiali ed alle compagnie scelte. Il berretto ("casquette") del 31° di linea ricorda il turno di servizio in Algeria, dal 1840 al 1848, di questo reggimento. Le foto evidenziano alcuni dettagli del fucile 1842 (1842 T).

Previsto con una canna di sufficiente spessore per sopportare la successiva applicazione della rigatura, i fucili del sistema 1853, tuttavia, sono prodotti per intanto ad anima liscia in attesa di prendere una decisione circa tipo di rigatura e palla da adottare. La palla continuava ad essere sferica (diametro 16,7 mm, peso 27 g, carica di polvere 9 g). Un anno dopo l'imperatore, rompendo gli indugi, approverà il sistema detto della Guardia Imperiale, assolutamente innovativo per l'epoca, in cui i nuovi canoni balistici prevedono una rigatura prograssiva (solchi elicoidali più profondi alla culatta che diminuiscono progressivamente verso la canna) e, soprattutto, una nuova palla a fondo cavo che dilatandosi per effetto dei gas di combustione aderisce perfettamente alle rigature, imprimendo al proiettile una traiettoria tesa e rettilinea. Per il momento nel sistema del 1853 tutto ciò non avviene, anche perché occorreva armare in fretta i nuovi contingenti di truppa che stavano per partecipare alla campagna d'Oriente, così definivano i Francesi il conflitto a fianco della Turchia che vedrà gli eserciti francese e britannico (a cui si aggiunse un contingente del regno di Sardegna) impegnati in Crimea contro la Russia zarista.
Nel 1857, finita ormai la spedizione in Oriente, l'imperatore emana l'ordine di rigare i fucili della fanteria di linea secondo il metodo messo a punto dal "commandant" Minié. palla NesslerNel frattempo tutti i fucili a canna liscia avevano adottato una palla non più totalmente sferica, ma con fondo cilindrico e punta arrotondata (palla Nessler). Il fondo presentava un incavo con risalto centrale conico ("teton"), in modo che per effetto dell'esplosione, la parte cilindrica della palla aderisse in qualche modo all'interno della canna, garantendo così una minore dispersione di gas e offrendo al soldato migliori qualità balistiche per un'arma che però conservava un calibro troppo elevato. Il risalto all'interno conferiva robustezza al proiettile e preveniva lacerazioni del piombo. Alle prove pratiche i risultati non furono dei migliori, inoltre nel caricare occorreva prestare maggiore attenzione di prima perché la palla ora doveva essere inserita in canna con la parte semisferica verso l'alto.

Nella tavola sono disegnate alcune armi del sistema 1853 che si differenzia dal precedente per le caratteristiche seguenti:

  1. calibro di due decimi inferiore (17,8 mm anziché 18 mm) in previsione della rigatura
  2. portaluminello spostato lateralmente a destra in modo da migliorare la linea di mira che prima era in parte impedita dal cane, soprattutto quando questo era armato
  3. piatto di culatta allungato rispetto al modello precedente, nell'eventualità di accogliere un alzo graduato mobile

In essa compaiono i modelli fabbricati con la canna ancora liscia ma di spessore adeguato in previsione di una prossima rigatura. Queste armi saranno sottoposte alla successiva trasformazione a retrocarica:

  1. fucile da granatiere M. 1853
  2. fucile da fanteria M. 1853 T (esemplare da granatiere accorciato e bacchetta a "testa di chiodo")
  3. fucile da fanteria M. 1853 T (esemplare invariato da volteggiatore e bacchetta a "testa di chiodo")
  4. moschetto da gendarmeria M. 1853 e particolare della bacchetta M. 1853 T

Dati essenziali del fucile da fanteria M. 1853 T:

Baionetta invariata (quella del 1847).

palla del 1857 per armi rigate Palla Nessler di secondo tipo per armi rigate.

Intanto, essendo emerso che la rigatura progressiva sui fucili della Guardia non dava alcun beneficio, si cominciò a rigare la canna ai fucili da fanteria con solchi elioidali sinistrorsi alla profondità costante di 2 decimi di mm e con passo di 2 m. Tutti i fucili così modificati o prodotti nuovi tireranno la palla standard per armi rigate introdotta nel 1857, attribuibile a buon diritto al comandante Nessler (palla Nessler di secondo tipo), anche se i testi ufficiali francesi non lo specificano, e che non è altro che un'evoluzione del M. 1854 per la Guardia Imperiale.

Armamento delle compagnie scelte della fanteria di linea: fucile, baionetta (M. 1842) e sciabola-daga (M. 1831). Quest'ultima è anche l'arma bianca da fianco per sottufficiali, caporali, zappatori, musicanti, trombettieri e tamburini di cui vediamo anche lo strumento sopra il quale è posato uno sciaccò M. 1856 da volteggiatore del 17° reggimento di linea. L'altro sciaccò M. 1855 (in basso a sinistra) è da granatiere.

Tutte le modifiche alle armi da fuoco per la fanteria di linea fin qui descritte portarono alla generale diffusione di tutte le migliorie adottate nel tempo sino a concretizzarsi in quello che divenne il nuovo sistema del 1857, ultimo di un'epoca che sembrava ormai arcaica, quella dell'avancarica. Le lavorazioni di forgiatura del metallo si semplificarono al massimo, sparì il fucile lungo. La rigatura della canna avveniva ormai ad una profondità costante di 2 decimi di mm dato che che la palla incavata, come l'esperienza aveva dimostrato, subiva una forzatura costante durante tutta la sua corsa all'interno della canna. Il mirino, inoltre, divenne qualche millimetro più alto, assomigliando così a quello del fucile M. 1854 della Gurdia. Il sistema del 1857 avrebbe meritato, per via delle migliorate prestazioni balistiche, un alzo graduato mobile ma i vertici militari, avendo finalmente riconosciuto che era necessario passare ad un calibro minore e, soprattutto, disporre di un fucile a retrocarica, evitò di sostenere costi aggiuntivi derivanti dall'applicazione dell'alzo graduato su un'arma destinata ad avere una vita effimera. Una modifica, però, il nuovo fucile l'ebbe nelle fasi finali di quest'epoca. Le ultime esperienze belliche avendo dimostrato che la canna in metallo ferroso non era adatta a sopportare l'usura di un fuoco prolungato consentito da un più veloce caricamento, passò a montare sulle nuove fabbricazioni, a partire dal 1864, una canna in acciaio fuso. Gli stessi inconvenienti del resto li aveva sperimentati l'esercito austriaco proprio nel 1859. Un anno prima che i Francesi adottassero il provvedimento sulle loro armi, gli armaioli austriaci aveva cominciato a montare canne di acciaio sui fucili Lorenz.
I dati relativi al fucile francese sistema 1857 sono identici a quello del 1853, solo il peso risulterà di pochi grammi inferiore.

Le evoluzioni della fanteria

Degna di ogni elogio questa ricostruzione di un caporale volteggiatore del 45° di linea in tenuta di campagna, nella posizione di "puntare la baionetta", usata in quadrato contro la cavalleria (in alto a sinistra). Nelle manovre la fanteria di linea francese, che fino al 1857 si allineava su tre file, poi su due, veniva istruita secondo le reali disposizioni del 1831, rimaste sostanzialmente in vigore fino al 1860. Al centro il fante presenta le armi a destra è in attenti con l'arma. La ricostruzione con un figurante veramente d'effetto si è resa possibile grazie alla paziente raccolta di armi, equipaggiamento e uniforme originari. Da notare il paletto da tenda ed i relativi picchetti fissati sullo zaino. Il fante francese infatti entrò in campagna con il telo tenda che il suo avversario non aveva.
Di fianco a destra il nostro caporale è pronto a fare fuoco, situazione questa chissà quante volte ripetuta nella realtà a Magenta e a Solferino.

Qui siamo in presenza di veri e propri cimeli storici: l'aquila e la bandiera del 33° reggimento di fanteria di linea (quest'ultima tenuta insieme da una trama a rete per non rovinarla). Nella parte centrale, bianca in origine, erano dipinte le vittorie alle quali aveva partecipato il reggimento (MOSKOWA è ancora leggibile abbastanza chiaramente). Il fucile in alto è un modello del 1822 a molla avanti trasformato a percussione, quello sotto è del 1853 a molla indietro facilmente riconoscibile dal suo simile del 1842 per avere il portaluminello, di conseguenza anche la parte superiore del cane, spostati più a destra e le sfaccettature sulla culatta molto più lunghe rispetto ai modelli precedenti in previsione di un alzo graduato mobile che non venne mai applicato.

Palla del 1857 e relative quote.

Il moschetto da gendarmeria


Il moschetto da gendarmeria rimane nel secondo impero l'arma da fuoco per eccellenza di trombettieri e zappatori e la Guardia non farà eccezione a questa regola (salvo gli zuavi i cui trombettieri avranno il moschetto rigato dell'artiglieria). Se l'esemplare anche datato si presentava in buono stato di conservazione non veniva scartato, insomma non si buttava via niente che non fosse riutilizzabile. Nella foto in alto il primo moschetto è il modello anno IX che ha subito la trasformazione a percussione (piastra della batteria detta "in avanti") e successivamente anche quella della rigatura Il secondo esemplare risale al 1842 come si riconosce dalla piastra a "molla indietro". A destra gli stessi fucili raffigurati dal lato della contropiastra.

L'immagine dal'alto permette di osservare le differenze costruttive di tre modelli diversi di moschetto da gendarmeria. Del resto le punzonature appplicate sui codoni di culatta lo indicano chiaramente. Il primo in alto è del 1853, cioè col portaluminello spostato più a destra in modo da liberare la linea di mira parzialmente ostruita dal cane, soprattutto quando era armato: si nota infatti che quest'ultimo risulta meno inclinato rispetto ai modelli precedenti. Gli altri due modelli sono, al centro, del 1842 e, in basso, anno IX T bis.

Calcioli in ottone di due moschetti da gendarmeria, uno punzonato 2E, l'altro APM. L'operazione di punzonatura era eseguita una volta distribuita l'arma ai Corpi che venivano identificati come segue: davanti il numero del Corpo seguito da una più lettere corrispondenti alla sua denominazione,

Il moschetto armava anche i trombettieri della fanteria di marina fino al 1855, anno in cui venne sostituito con la carabina a stelo.

Il moschetto da gendarmeria associato ad alcuni effetti appartenuti alla Guardia di Parigi: elmo da truppa del 1849-1853, giberna da gendarme a cavallo, spada per sottufficiali e brigadieri 1849-1856, infine una képi, tutti oggetti originali salvo il berretto molto ben riprodotto.

Magnifica composizione di stile secondo impero dovuta all'ingegno dell'artista francese Edouard Detaille. Si tratta non di granatieri della Guardia Imperiale, come indurrebbe a pensare il berrettone d'orso, bensì di zappatori, sempre della Guardia Imperiale, appartenenti al corpo dei volteggiatori come indicano attributi cromatici ed emblemi sull'uniforme (giallo e cornette). Oltre alla scure questi uomini di statura veramente imponente, tutti con baffi e barba lasciata crescere lunga come impone la tradizione, si portano dietro lo zaino ed il resto dell'armamento, costituito dal moschetto da gendarmeria M. 1854, baionetta e sciabola-daga riservata a questo corpo d'élite. Questi militari, vera attrattiva per il pubblico che nelle sfilate li vedeva marciare davanti a tutti, formavano appunto la cosiddetta "testa di colonna", posto a loro riservato anche in battaglia quando si trattava di aprire la strada sbarrata ai compagni.

Il nostro moschetto (M. 1842) è qui raffigurato in un'ambientazione tipica da trombettiere di fanteria. Lo strumento presenta l'originaria cordellina tricolore ricadente con due fiocchetti a frange. La sciabola-daga risale al 1831 e la baionetta (a spigoli vivi nel tallone) al 1822. I due sciaccò sono successivi alla campagna d'Italia. Quello del 4° reggimento, benché non descritto nei regolamenti, comparve proprio nel 1859 e sarà portato fino al 1868. Il pompon rosso a doppia sfera dei granatieri di linea era portato anche dagli zappatori. Lo sciaccò di destra del 14° reggimento è invece il modello del 1860 che ricorda lo sciaccò dei cacciatori a piedi di cui la fanteria di linea adottò anche il taglio dell'uniforme.

Il fucile a stelo

Il fucile a stelo M. 1848 rappresenta un'arma di transizione nel panorama dello sviluppo tecnologico internazionale (non solo nell'esercito francese, ma anche in quello austriaco si osserverà un analogo percorso di modernizzazione quasi parallelo), che porterà dapprima alla generale rigatura della canna e qualche anno dopo alla diffusione della retrocarica. Destinato ad armare gli zuavi (decisione del 18 luglio 1851), prima che si optasse per l'adozione del sistema Minié, il fucile a stelo M. 1848 era considerato una buona arma di precisione le cui doti balistiche saranno però uguagliate, se non superate, grazie alle migliorie apportate alla palla autoforzante del 1857. Quest'arma beneficerà, fatto assolutamente eccezionale per l'epoca, dell'alzo mobile graduato fino a 800 m, particolare questo che permette di riconoscerlo immediatamente dall'esteticamente identico M. 1842. Alla data del 20 marzo 1853, il capitano Lecœuvre, precisa che nel 1° reggimento zuavi si trovano 2200 fucili da fanteria M. 1842 (cioè con canna lunga, fig. 1) trasformati dalle manifatture di Châtellerault e di Saint-Etienne nel 1852 e 1829 fucili da fanteria e da volteggiatore M. 1822 T e 1842 (fig. 2) trasformati nel 1848. Dati essenziali del fucile a stelo M. 1848 T:

Fucile da fanteria

  • lunghezza totale: 1475 mm
  • lunghezza canna: 1083 mm
  • lunghezza stelo: 38 mm
  • diametro stelo: 9 mm
  • calibro: 18 mm
  • peso: 4,25 kg

Fucile da volteggiatore

  • lunghezza totale: 1421 mm
  • lunghezza canna: 1029 mm
  • lunghezza stelo: 38 mm
  • diametro stelo: 9 mm
  • calibro: 18 mm
  • peso: 4,135 kg

palla Tamisier per armi rigate a steloPrima della soppressione dello stelo avvenuta dopo la campagna del 1859 il proiettile per armi di questo tipo era quello detto "palla Taimisier" (diametro 17,2 mm, peso 47,5 g, carica 4,5 g).
Nel 1857 (1° aprile) tutti gli zuavi di qualsiasi grado e funzione (linea e G.I.) ricevono in dotazione la carabina da cacciatore con sciabola-baionetta M. 1842. E' questo il riconoscimento tangibile del ruolo di truppa leggera che questo corpo da tempo svolgeva nell'ambito delle forze armate francesi. Fin dal 1845, infatti, gli zuavi si esercitavano in base alle manovre dei cacciatori a piedi anziché della fanteria di linea imposte loro nel 1831.
Il fucile a stelo lasciato per qualche tempo nei depositi, troverà un ultimo impiego nelle mani dei militari delle compagnie scelte (probabilmente però solamente una delle due), di quei reggimenti di stanza in Africa ancora armati col fucile a canna liscia. Per renderlo idoneo all'impiego della palla da cacciatore del 1859, gli sarà tolto lo stelo, diventando così un comune fucile da fanteria. Solo l'alzo mobile attestava il suo brillante passato come fucile di precisione. I fucili così modificati vennero punzonati con la solita lettera T.

Il fucile a stelo M. 1842 tra alcuni oggetti che rievocano gli zuavi nella campagna di Crimea: il particolare berretto rosso con fiocco e turbante verde, pantaloni, giubbbino del 1° reggimento (colore rosso del finto taschino detto "tombeau"), spilla ornata di crescente e stella. Visto da questa angolazione il fucile a stelo, con il suo alzo mobile e la bacchetta, potrebbe essere scambiato per una carabina da cacciatore a piedi. Le due decorazioni sono: la medaglia militare (a sinistra) e la medaglia di Crimea (a destra) complete dei loro nastri originali.

La carabina da cacciatore

Il Corpo dei cacciatori a piedi francesi nacque il 28 settembre 1840. Due anni dopo venne dato loro il nome ufficiale di cacciatori "d'Orléans", ma in seguito saranno meglio conosciuti come "cacciatori di Vincennes" dal luogo della loro formazione e sede della scuola di tiro dove andavano ad esercitarsi. A tutti, trombettieri compresi, venne data la carabina del 1837, poi quella del 1842 costrutita appositamente per loro (tanto da assumere l'appellativo di "carabine d'Orléans"). Tale modello subirà le modifiche del 1853.
La canna è solcata da 4 rigature destrorse della profondità costante di mezzo mm per un passo di 6,226 m. Il sistema in uso è quello della camera ristretta (diam. 14,5 mm e fondo arrotondato) per una palla tonda munita di fondello di legno. Il soldato, strappata la cartuccia, versava la polvere in canna facendola depositare nella camera quindi, girata la cartuccia, la inseriva dalla parte del fondello, compresa la carta che aveva lo scopo di diminuire il gioco tra palla e calibro della canna. In più, mediante un paio di colpi ben assestati di bacchetta, schiacciava la palla facendola cosi aderire alle rigature.
Nel 1846 subirà la modifica alla culatta secondo il principio dello stelo (M. 1846). L'alzo mobile graduato permetteva colpi mirati fino a 1000 m. In seguito (1860) sarà soppresso lo stelo (M. 1846 T).
Nel 1853 sarà messo in produzione anche il nuovo modello di carabina che assumeva le stesse caratteristiche tecniche del corrispondente fucile da fanteria. Esteticamente i due modelli 1846 e 1853 (fig. 1) si differenziano da quelli senza stelo 1846 T e 1853 T (fig. 2) solo per avere una bacchetta più lunga di 38 mm per compensare la mancanza dello stelo. Per il resto si veda il corrispondente fucile da fanteria. Il munizionamento per tutte le armi a stelo era naturalmente la palla Tamisier da 17,2 mm, peso 48 g, carica di polvere 4,5 g. Nel 1859 ne facevano uso: i soldati delle compagnie scelte (però solo volteggiatori) dei reggimenti giunti dall'Africa (compresi i volteggiatori algerini), tutte le truppe dotate di carabina a stelo, tutti i soldati armati col moschetto d'artiglieria. Dati essenziali della carabina da cacciatore:

Carabina M. 1846

  • lunghezza totale: 1262 mm
  • lunghezza canna: 868 mm
  • lunghezza stelo: 38 mm
  • diametro stelo: 9 mm
  • calibro: 17,8 mm
  • peso: 4,46 kg

Sopra un magnifico giubbino da sergente degli zuavi della Guardia Imperiale sono posati un moschetto d'artiglieria e la carabina da cacciatore. Queste le armi in dotazione a partire dal 1857 presso tutti i reparti di zuavi. Il moschetto d'artiglieria 1829 T, trasformato a stelo nel 1852, venne distribuito ai trombettieri, come da regolamento, in pratica anche a caporali e sottufficiali. Queste due armi hanno in comune la sciabola-baionetta modello 1842. In questo modo venne raggiunta l'uniformità sia di munizionamento sia di arma bianca da fianco presso tutte le unità di zuavi. La carabina da cacciatore armava anche il battaglione di tiragliatori aggregato ai due reggimenti stranieri (futura legione straniera).

Moschetto d'artiglieria

Si è già visto che ad alcuni uomini degli zuavi era stato dato in dotazione un moschetto d'artiglieria, addirittura rigato e munito di alzo mobile. A che titolo il corpo di artiglieria possedeva all'epoca un'arma di precisione di cui solo i cacciatori al momento potevano disporre? Il soldato di artiglieria, chiamato spesso a sbrigarsela da solo in situazioni difficili e non disponendo di un volume di fuoco come la fanteria, aveva bisogno di compensare l'inferiorità numerica con un'arma di precisione mediante la quale poter colpire a distanza il nemico senza lasciarlo avvicinare pericolosamente. Ora che gli artiglieri potevano sedere sugli avantreni, grazie al nuovo materiale del sistema Valée di cui erano stati dotati (prima seguivano i pezzi a piedi), il fucile che avevano in dotazione (a pietra focaia) risultava troppo ingombrante per spostarsi velocemente. Ecco allora nascere il moschetto d'artiglieria M. 1829 da portare a trocolla, di traverso sul petto se in posizione seduta. Siamo all'inizio delle trasformazioni epocali in fatto di armi e la soluzione migliore per rigare la canna sembrava essere quella della profondità prograssiva, da 2 decimi alla culatta fino a 5 decimi al vivo di culatta. Nel 1846 il comitato di artiglieria decise di trasformare il moschetto dalla pietra focaia direttamente alla percussione ed alla rigatura del sitema a stelo (M. 1829 T). Le rigature sono 4 ad andamento destrorso con un passo di 1,1 m. L'alzo mobile a finestrelle rotonde permetteva un tiro mirato fino a 600 m il che non era male per un'arma a canna corta. Circa la baionetta da associare al moschetto di artiglieria si tergiversò a lungo, poi, considerando che gli uomini erano chiamati a svolgere spesso lavori campali e quindi avevano bisogno di un attrezzo che potesse aiutarli, si decise di dare loro la sciabola-baionetta M. 1842 dei cacciatori, un'accoppiata piuttosto insolita data la sproporzione dimensionale evidente. Il moschetto continuerà ad essere prodotto nuovo nella stessa forma e con molla avanti, però con le seguenti modifiche: calcio allungato di 26 mm, stelo eliminato, alzo a cursore per tiri fino a 650 m, palla del 1854 (della Guardia Imperiale). Dati essenziali del fucile d'artiglieria:

M. 1829 T

  • lunghezza totale: 958 mm
  • lunghezza canna: 600 mm
  • lunghezza stelo: 30 mm
  • diametro stelo: 9 mm
  • calibro: 17,6 mm
  • peso: 2,555 kg

M. 1829 T bis

  • lunghezza totale: 984 mm
  • lunghezza canna: 600 mm
  • calibro: 17,6 mm
  • peso: 2,45 kg

Armi della cavalleria

Moschetto da cavalleria M. 1822 T. Dal 1840 nessun reggimento ussari utilizzava più questo moschetto, arma assolutamente mediocre, eccetto i reggimenti 6° e 8° che presero parte alla campagna d'Italia. Negli altri corpi di cavalleria gli ultimi ad averlo in dotazione fino al 1862 furono i cacciatori a cavallo della Guardia Imperiale. Anche il 10° reggimento cacciatori a cavallo lo conserverà nel 1859. L'arma era bensì pratica da portare a cavallo, perché corta ma proprio in questo erano racchiusi tutti i suoi difetti: imprecisione, mancanza di gittata e, cosa non meno fastidiosa, il disturbo che lo sparo arrecava al cavallo con la canna che arrivava proprio all'altezza delle sue orecchie.
Del moschetto saranno armati cacciatori ed ussari, per qualche tempo anche i lancieri (moschetto da lanciere M. 1836), che nel Secondo Impero avranno una sola arma da fuoco: la pistola da cavalleria. Dati essenziali del moschetto M. 1822 T:

La trasformazione a percussione avvenne in seguito ad una decisione del 18 febbraio 1842. In quell'anno venne deciso l'aumento di calibro, da 17,1 a 17,8 mm in modo da conformarlo all'insieme delle armi da fuoco portatili.

Fucile da dragone M. 1842 T. L'arma da fuoco portatile più apprezzata dalle truppe di cavalleria dopo le buone prove che aveva dato in Africa. Nel 1859 i cacciatori a cavallo destinati all'Italia, che avevano ancora in dotazione il mediocre moschetto M. 1822 T, poco prima d'imbarcarsi ricevettero un'arma più consona al nuovo nemico con cui dovevano misurarsi: il fucile da dragone appunto. A tutti i brigadieri ed ai militari semplici venne così distribuito un coacervo di modelli (1822 T, 1842, 1842 M o 1853) che, insieme con la pistola da cavalleria e la sciabola da cavalleria leggera, costuiranno l'armamento individuale del cavaliere. Dati essenziali del fucile da dragone M. 1822 T:

Dati essenziali del fucile da dragone M. 1842 T:

Quest'ultimo modello era simile al fucile da fanteria di cui montava la piastra del 1840; successivamente monterà quella del 1847, nel qual caso sarà punzonato sul codone di culatta "modèle 1842 M" (6 luglio 1849).
Nel 1853 entrerà in servizio il nuovo modello con calibro 17,8 mm (peso 4,06 kg) e con le stesse particolarità del sistema d'innesco del coevo fucile da fanteria.
Il fucile da dragone veniva distribuito anche a brigadieri e militari semplici di cacciatori d'Africa, spahis, dragoni dell'Imperatrice e rimonta (14 giugno 1854). Come accennato, i reggimenti di cavalleria che provenivano dall'Africa (5° e 7° ussari, 4° e 7° cacciatori) o che vi avevano soggiornato (2° ussari e 2° cacciatori) erano dotati del fucile da dragone. Per la prima volta nella storia militare, sul suolo algerino si videro i cacciatori d'Africa portare il fucile ad armacollo per meglio muoversi tra le asperità del terreno e non dare fastidio al piccolo cavallo arabo che procurava invece il sistema regolamentare (fucile nel portacalcio sul fianco destro del cavallo). Questi cavalieri fecero scuola e si fini per fare una deroga al regolamento circa il modo di portare il fucile che si estese così a tutta la cavalleria.

Pistole

Pistola da ufficiale trasformata a percussione. In sede di trasformazione queste armi per ufficiali non erano sottoposte alle regole rigide imposte alle armi d'ordinanza della truppa. In genere era l'ufficiale che provvedeva alle modifiche ricorrendo ad amaioli anche civili. I dati relativi all'arma a pietra focaia sono iseguenti:

Pistola da ufficiale M. 1822

  • lunghezza totale: 340 mm
  • lunghezza canna: 200 mm
  • calibro: 17,1 mm
  • peso: 0,99 kg

Comune a tutta la cavalleria, la pistola M. 1822 T aveva qualche utilità se si faceva fuoco da distanza molto ravvicinata. Si era sicuri di colpire solo sparando a bruciapelo, "ma non bisogna che la bocca della canna venga a contatto diretto con l'avversario, altrimenti la pistola potrebbe scoppiare ferendo il tiratore" (Gen. De Brack, Avant-postes de cavalerie légère, pag. 67). In pratica il cavaliere veniva addestrato a sparare montato sul bersaglio posto a non più di 10 m di distanza.
Nell'immagine la pistola è appaiata all'altrettanto impreciso moschetto da cavalleria, in un'ambientazione da cacciatore a cavallo. Dati essenziali della pistola M. 1822 T:

Dopo la trasformazione a percussione secondo il sistema 1822 T, avvenuta nel 1842, nel 1860 subirà la rigatura della canna (M 1822 T bis). Prima della rigatura la cartuccia usata era quella del fucile da fanteria alla quale però il cavaliere "aggiustava" la carica di polvere, togliendone 1/3 che misurava con la parte cava della bacchetta detta a "tulipano" (3 grammi su 9). Le pistole fabbricate nuove sono identiche a quelle trasformate, solo il portaluminello è modellato a forgia sulla canna (anziché riportato mediante saldatura) e la piastra, ovviamente, non ha più l'intaglio del bacinetto ed i fori delle viti chiusi da incastri metallici saldati.

Due magnifici esemplari di pistola per ufficiali di cavalleria M. 1833. La canna della prima, che rappresenta il modello originario, è lavorata "a nastro" mentre quella della seconda è damascata. L'evoluzione nel tempo si riscontra nella forma del cane e della piastra (a molla indietro), inoltre nel modello più recente si è provveduto ad eliminare lo spessore del legno che evidentemente prevedeva una piastra a molla in avanti, per il resto tutto è rimasto invariato. Si tratta della prima arma da fuoco portatile nata rigata in origine (a camera ristretta) se si esclude il poco usato fucile da ramparo del 1831. La canna è solcata da ben 48 sottilissime rigature dette "a capello", di sezione triangolare e profonde 2 decimi di mm (passo di 0,54 m). La bacchetta è di ferro però termina in testa con una ronella di ottone per impedire di rovinare le delicate rigature. Notare la svasatura a tromboncino della canna.

Pistola da ufficiale di cavalleria M. 1833

  • lunghezza totale: 363 mm
  • lunghezza canna: 198 mm
  • lunghezza camera: 24 mm
  • diametro camera: 9 mm
  • calibro: 16,7 mm
  • peso: 0,89 kg

La palla tonda di piombo (sprovvista di fondello di legno) pesava 25,6 g per una carica di un solo grammo.

Pistola da ufficiale di Stato Maggiore M. 1855

  • lunghezza totale: 345 mm
  • lunghezza canna: 180 mm
  • lunghezza camere: 15 mm
  • diametro camere: 11 mm
  • calibro: 17,1 mm
  • peso: 1,315 kg

Pistola da ufficiale di gedarmeria M. 1833

  • lunghezza totale: 250 mm
  • lunghezza canna: 110 mm
  • lunghezza camera: 15 mm
  • diametro camera: 9 mm
  • calibro: 15,2 mm
  • peso: 0,665 kg

Pistola da gedarmeria M. 1842

  • lunghezza totale: 244 mm
  • lunghezza canna: 129 mm
  • calibro: 15,2 mm
  • peso: 0,63 kg