ilterzonano web address: ilterzonano

Storia Romana

Archeologia nella Venetia et Histria

La città e il porto di Altino
punto di partenza della grande via europea Claudia Augusta

il centro abitato di Altinum veneto-romana

Altino fu certamente città dei Veneti su cui si sovrappose poi l'impianto urbanistico romano. Con una caratteristica particolare: essendo ubicata nei terreni acquitrinosi della fascia costiera dell'Alto Adriatico, i suoi edifici si specchiavano sulle acque di fiumi e canali che confluivano nella laguna veneta. Nel suo primitivo abbozzo, Venezia certamente ereditò dalla città veneto-romana, che fisicamente la originò, venendo spogliata di tutto il materiale lapideo che serviva per i nuovi insediamenti, la tecnica costruttiva e l'architettura. Nel corso dei decenni successivi i forni da calce lavoreranno a pieno ritmo per le opere edilizie della città lagunare, impiegando le pietre di minor pregio dell'ormai abbandonata città romana. Al pari di questa, la nuova città farà largo uso di materiale ligneo per il consolidamento di barene e rilievi insulari emergenti dalla laguna su cui essa si svilupperà nei secoli. Altino, come Venezia, città su palafitte.

Altino romana conobbe il suo massimo sviluppo sotto il principato di Augusto e continuò per tutto il I secolo ed oltre. Un'iscrizione di Torcello, che si riferisce molto probabilmente ad Altino, ricorda che l'imperatore Claudio la fece abbellìre con templi, portici e giardini (C.I.L., V, 2149).

Il processo di romanizzazione dei Veneti avvenne più che altro per naturale assimilazione, dato che questi non si domostrarono mai ostili verso i nuovi conquistatori, a differenza dei quase tutte le popolazioni celtiche d'Italia. La fedeltà alla repubblica durante le guerre sociali (91-89 a.C.) fu ricompensata nell'89 a. C. dalla concessione dello ius Latii o diritto latino. Tuttavia gli esiti delle guerre tra Mario e Silla (88-82 a.C.), ebbero conseguenze deleterie per le città venete, che ridotte a provincia (Gallia Cisalpina), vennero rette per oltre un quarantennio da un governatore militare che limitò grandemente la loro autonomia amministrativa.

I suoi abitanti erano iscritti alla tribù Scaptia e godevano della piena cittadinanza romana in virtù della legge Roscia del 49 a.C.. Tale importante atto formale permetteva a tutti gli abitanti della provincia tanspadana della Gallia Cisalpina di esercitare, in qualità del nuovo status di "cives Romani", il diritto di voto per tribù, allorché, in tempo di elezioni, si indicevano i comizi (detti appunto "tributi"). Chi beneficiava della cittadinanza romana, infatti, veniva iscritto, ai fini elettorali, ad una delle 35 tribù in cui erano suddivisi i cittadini di Roma: 4 di esse erano riservate agli abitanti della capitale, invece le altre 31 (dette rustiche) riguardavano coloro che risiedevano nell'agro romano.

Quattro anni dopo, nel 45 a.C., seguì la lex Iulia municipalis. La legge, voluta da Giulio Cesare, ad un anno dalla sua morte, e che da lui portò il nome, riguardava l'ordinamento delle città della Transpadana (colonie comprese) sulla base del municipio di diritto romano modellato sul sistema di governo della capitale. I beneficiari della legge divennero "municipes", detti così perché si accollavano i "munera", cioè i doveri propri del cittadino romano. Tre anni dopo, Ottaviano abolì la provincia della Gallia Cisalpina, il cui territorio, cessato il governatorato militare, entrò a far parte a pieno titolo dello Stato ormai imperiale. La legge Iulia del 45 a.C. è pervenuta fino a noi in forma integrale, grazie al ritrovamento di una di quelle copie che l'amministrazione centrale diffondeva nei territori soggetti a Roma. Tali leggi erano pubblicamente esposte su di una tabella di legno dipinta su fondo bianco (albus), o su un parete intonacata dello stesso colore, da cui deriva la parola italiana albo.

Il municipio era retto dal consiglio dei decurioni (ordo decurionum), nominato attraverso le elezioni oppure in base alla ricchezza posseduta. Esso emanava leggi proprie, ovviamente ristrette nell'ambito municipale (decreta), ed eleggeva i propri vertici. Questi, che costituivano il vero e proprio potere esecutivo, assumevano la carica di quattuorviri, due di essi, che prendevano il titolo di "quattuorvires iure dicundo" e rappresentavano il vertice municipale, esercitavano la giurisdizione penale, gli altri due, "q. aedilicia potestate", quella civile. Le loro funzioni oggi sono esercitate da sindaci e assessori, coadiuvati nel loro lavoro da tutta una serie di funzionari che nel mondo romano si chiamavano "vilici", "curatores", "allecti", "apparitores", "scribae". I decurioni, così chiamati perché suddivisi in gruppi di dieci (decuriae) erano scelti ogni 5 anni tra i cittadini preferibilmente del luogo, che avevano già esercitato delle magistrature municipali. Erano dunque cittadini influenti, di rango equestre con una solida base finanziaria anche perché, per venire eletti, dovevano versare all'erario una certa somma di denaro che i cittadini meno abbienti certamente non possedevano. Sembra che per assumere tale carica fosse richiesto un censo di 100000 sesterzi, costituito da un patrimonio e dalla sua rendita, garantito da un'abitazione di proprietà.

Che la città romana offrisse attrattive architettoniche e paesaggistiche di pregio, ce lo testimonia Marco Valerio Marziale, poeta del I secolo di origine spagnola vissuto quasi sempre a Roma (il pungente autore degli Epigrammi), che la paragona a Baia, meta di spicco di imperatori e magnati dell'impero: «Aemula Baianis Altini litoria villis...» (O lidi di Altino di tanta bellezza da emulare le ville di Baia).

La ricchezza della città e del suo territorio

Il territorio che la città amministrava, si estendeva verso ovest con le sue coltivazioni agricole e a nord e a nord-est con vaste zone riservate all'allevamento del bestiame ed alla pastorizia. Qua e là qualche bosco i cui resti si potevano vedere ancora nelle mappe ottocentesche.

Fiorente, infatti, era nell'agro altinate l'allevamento delle pecore. Ce lo dicono le testimonianze archeologiche e lo scrittore Columella, nel suo "De re rustica": «Generis eximii Calabras Apulasque et Milesias nostri extimabant earumque optimas Tarentinas. Nunc Gallicae pretiosiores habentur earunque praecipue Altinates, item quae circam Parmam et Mutinam Macris stabulantur campis» (Un tempo, presso di noi, erano ritenute molto pregiate le pecore di Calabria, Apulia e Mileto e tra queste primeggiavano quelle di Taranto. Ai nostri giorni però valgono di più le razze della Gallia, tra le quali spiccano le pecore di Altino, come pure quelle che vivono nelle campagne di Macris, vicino a Parma e a Modena).

Ne fa cenno anche Marziale «Velleribus primis Apulia, Parma secundis nobilis: Altinum tertia laudat ovis» (Prima per le sue lane l'Apulia, Parma seconda, tarza per le sue pecore Altino).

Nell'editto promulgato dall'imperatore Diocleziano per calmierare i prezzi e contenere l'inflazione (cosiddetto editto di Afrodisiade del 301 d.C.), una libbra di lana altinate non doveva costare più di trenta denari, lo stesso compenso che Giuda ottenne per avere tradito Gesù.

E che dire dei bovini? Lo stesso autore riferisce che nel territorio altinate viveva una particolare razza di vacca da latte che gli abitanti del luogo chiamavano "ceva". «Melius etiam in hos usus Altinae vaccae probantur, quas eius regionis incolae cevas appellant, lactis abundantes, propter quod remotis earum foetibus generosum pecus alienis educabatur uberibus» (Anche in questi usi sono ritenute migliori le mucche di Altino, che gli abitanti di quella regione chiamano "ceva". Esse sono piccole di statura, producono molto latte, perché, allontanate le madri che hanno partorito, il bestiame di buona razza è allevato col latte di altre mucche).

Dunque un territorio ricchissimo, con un'economia incentrata non solo nell'agricoltura e nell'allevamento del bestiame, ma anche nei prodotti da essa derivati e nella pesca. Plinio il Vecchio nella sua Storia Naturale parla dei "pectines" di Altino, probabilmente quelli che noi oggi chiamiamo mitili o cozze (in veneto "peoci"), "maximi et nigerrimi aestate" (grossi e nerissimi in estate, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 32, 150). Un florido commercio derivava dalle attività portuali, soprattutto dopo l'apertura della grande strada transalpina che univa direttamente il mare Adriatico con il Danubio e perciò con la Germania: la via Claudia Augusta. L'interscambio dei prodotti dovette essere intensissimo e continuerà allo stesso ritmo con il sorgere di Venezia.

Il centro abitato

Ai nostri giorni tutta la zona a sud del fiume Sile lungo la strada per Trieste (detta "Triestina") appare come una vasta distesa di campi ben tenuti e altrettanto ben coltivati. Ciò è dovuto all'opera di bonifica intrapresa nella seconda metà dell'800 e, in epoca relativamente più recente, tra gli anni 20 e 30 del '900. Le carte topografiche più antiche evidenziano la località di Altino, limitata solo ad alcuni insediamenti agricoli a nord del Canale di Santa Maria (Casa Reali), cui poi si aggiunsero alcune case coloniche nelle zone circostanti (Pastoria Stalla Nova, Fornasotti, Belgiardino, Fornace-Veronese).

Come si evince facilmente dal rilievo altimetrico, l'area descritta risulta più elevata rispetto ai terreni vicini, sopra ai quali emergono, appena evidenti, quattro rilievi o dossi tra il fiume Zero ad ovest, il canale Sioncello ad est ed il citato Santa Maria. Tre di questi dossi, di cui quello centrale porta il nome esplicativo di Rialto, sono allineati a settentrione, il quarto è allungato a meridione dei primi tre e ospita attualmente una "vaccheria", il cui nome ben descrive il suo aspetto invasivo e ambientale, ma che in un certo senso continua la l'antica tradizione dell'allevamento del bestiame. Questo può essere considerato il primo nucleo abitativo degli antichi Veneti cui subentrarono i nuovi cittadini romani. Tale superficie agricola è interessata, nella sua parte occidentale, dall'attraversamento in diagonale della via Annia. Era questo anche il punto di partenza (caput viae) della Claudia Augusta, la grande strada transalpina e internazionale che collegava il mare Adriatico col centro d'Europa.

quartiere con fornaciEntro il perimetro murario a nord-est dell'abitato, dove più difficile appare la lettura del sottosuolo mediante l'osservazione diretta, si sono condotte una serie di prospezioni magnetiche che integrano anche da questa parte la mappa dell'antica città. Nelle immagini acquisite si sono potute osservare in particolare diverse anomalie che denunciano la probabile presenza di essicatoi o fornaci.

Cfr. in internet Archaeosurvey

Come evidenziato dagli scavi archeologici e dall'esame delle immagini aeree, la città romana troverà la sua naturale espansione a nord di questo primo nucleo centrale, in quell'area oggi definita della Ca' Bianca, ma soprattutto ad est, dove era ubicato il porto lagunare. Tra il sito dell'attuale museo, eretto nella località nota col nome di Ghiacciaia, e l'alveo del canale Sioncello, si stendeva un quartiere (insula) limitato da una serie di vie ortogonali ed in asse con le installazioni portuali.

mappa della zona di Altino

Mappa dell'abitato di Altino

Le ville citate da Marziale erano disseminate a semicerchio e a qualche distanza dal centro urbano. Una di queste venne rinvenuta, e in parte scavata, ad est del predetto canale. Come è logico supporre, i corsi d'acqua che solcavano il territorio, avevano un andamento ben diverso dall'attuale. L'immagine dall'alto evidenzia ad esempio un attraversamento acqueo del centro abitato, ora non più esistente, immediatamente a nord del dosso meridionale. Probabilmente l'ultimo tratto del fiume Zero (Iarius), che in antico non si immetteva nel Santa Maria a sud, come oggi, ma proseguiva verso est. E' assai probabile che l'attuale percorso finale del Sioncello fosse il naturale sbocco in laguna del fiume Zero. Tale ipotesi non è suffragata solo dal semplice esame di tutte le planigrafie, ma sembra essere confermata, come vedremo, dagli scavi archeologici. Quanto al canale Sioncello esso, col suo andamento rettilineo, appare come un manufatto antico, arginato in epoca romana con delle palificate messe in luce nel 1930. Esso metteva in comunicazione l'attuale fiume Sile con lo Zero e perciò stesso col centro cittadino e la laguna.

Il circuito murario

Non risulta che le relazioni di scavo prodotte in passato, abbiano mai fatto cenno a delle mura difensive che sicuramente munivano la città romana. Di esse fa cenno, in alcuni drammatici momenti di storia della regione, Paolo Diacono nella sua opera "Historia Romana": «Plura praeterea eisdem regiois castella immanis hostis extinctis vel captivitatis civibus, succendit ac diruit, Concordiam, Altinum, sive Patavium, vicinas Aquileiae civitates, illius instar demoliens solo coaequavit» (Inoltre un nemico crudele si impadronì di molte fortificazioni della medesima regione, che incendiò e distrusse, uccidendo o prendendo prigionieri i suoi abitanti. Distrutte e rase al suolo allo stesso modo Concordia, Altino e così Padova, città vicine ad Aquileia). Più di recente uno degli scavi archeologici effettuati negli anni '70 nella zona di pertinenza del museo, mise in luce le fondazioni di due torri a pianta quadrata, ognuna di 7,40 m di lato e circolare all'interno. Attraverso la porta che esse proteggevano, usciva una strada basolata, dissepolta anch'essa in quel periodo, con andamento nord-est e collegantesi ad angolo retto, proprio in corrispondenza del museo, con quella strada messa in luce anni prima e che oggi si può vedere perdersi nei campi proprio davanti al museo, dove, presso la porta d'ingresso, è visibile un altro, molto breve, tratto di basolato.

planimetria scavo torre nord-ovest

Planimetria di scavo della porta urbica a nord del museo

Il muro che qui partiva dalla torre ovest, andava a collegarsi, con andamento non rettilineo, seguendo la morfologia dei tre dossi settentrionali, con un'altra porta, ben evidenziata dall'immagine aerea, da dove la via Annia usciva a nord per dirigersi verso il fiume Sile. Nella parlata locale il luogo, ancora oggi, porta l'eloquente nome di Portoni. Il muro continuava poi verso ovest, uniformndosi alle curve di livello dei dossi ed alle ondulazioni di un fossato, da cui dista circa 90 m, che scorre ai piedi dei rilievi e, quasi perfettamente parallelo ad esso, descrive quasi un semicerchio nel suo proseguimento verso occidente. La curvatura del muro non è ottenuta da un andamento circolare, bensì dalla congiunzione di tre segmenti murari non perfettamenete rettilinei, i cui angoli scendono ad ovest con differenti inclinazioni.

Museo di Altino (provincia di Venezia)

Dalla porta nord della via Annia, il primo segmento murario misura circa 200 m, compreso il fabbricato della porta stessa, il secondo 100 m, dopo aver descritto un angolo negativo di circa 35°, il terzo, infine, 71 m, con angolo quasi uguale. Il possente muro occidentale, che presenta una fondazione di ben 7 metri, segue un orientamento nord-sud quasi in asse con quello geografico. Il suo primo tratto risulta diritto per 192 m, mentre il secondo, che prosegue per altri 180 m dopo avere descritto un angolo di circa 30°, va ad incontrare un'altra porta urbica: quella attraverso cui entrava in città la via Annia da sud. I due lati fin qui analizzati descrivono un'area inscritta in un rettangolo di 875 x 650 m con orientamento nord-est. Il muro prosegue poi nel suo tratto meridionale, praticamente in perfetto rettifilo, e termina a sud della "vaccheria", dopodiché piega quasi ad angolo retto verso nord.

Il muro orientale non risulta riconoscibile né dalla fotografia aerea né dagli scavi, a parte il primissimo tratto che da sud sale verso nord, in direzione della prima porta da dove siamo partiti nel descrivere il circuito murario. Sembra tuttavia plausibile che il quartiere settentrionale fosse stato compreso in un secondo tempo da un prolungamento delle mura e lo stesso si fosse fatto per la grande insula ad ovest del porto. E' questa una tesi che, per ora, si fonda su un fatto chiaramento documentato grazie alle immagini aeree. In un periodo che si colloca all'epoca delle prime invasioni barbariche, le città del nord Italia, non avendo più forze militari che potessero contenere le sempre più frequenti irruzioni di quelle orde selvagge che premevano da nord e da est, dovettero munirsi di difese proprie, chiudendosi all'interno dei circuiti murari cittadini. Ciò è ben documentato dagli scavi archeologici di Aquileia, dai quali emerge, nella drammatica intensità di quei momenti di pericolo estremo, la necessità di dover innalzare di nuovo e al più presto, quelle difese che ormai i secoli di pace avevano reso superflue. Per fare ciò si impiegarono materiali di recupero di ogni genere, prelevando persino le lapidi dei sepolcreti e le iscrizioni monumentali incise nella pietra. Dei muri di fortuna furono eretti anche nella zona del porto fluviale, per chiudere così quella parte di città priva di difese.

Qualcosa di simile accadde anche ad Altino. Infatti il tratto di mura che dalla porta nord tocca quello occidentale, è munito su tutta la fronte di una seconda muraglia parallela alla prima, come un anteguardo destinato a trattenere i primi assalti del nemico, preservando così il muro principale più antico. Tale anteguardo sembra ripetersi anche nel breve tratto di muro osservato nell'angolo sud-orientale del circuito. In merito ai tratti murari esposti ai fronti ovest e sud, questi erano sufficientemente garantiti grazie alle barriere d'acqua rappresentate dal corso del fiume Zero che con un ramo entrava in città, come si è visto, e con un altro scendeva a sud e poi piegava ad est contornando le mura da quella parte.

Le torri delle porte urbiche interessate dalla via Annia, sembrano avere la stessa forma quadrata con vano interno circolare, simile a quelle già messe in luce a nord del museo, ma più grandi nelle dimensioni. La via Annia, sia a nord che a sud-ovest, non raggiunge la cinta muraria in linea perpendicolare retta, bensì, in ambedue i casi, compie una brusca deviazione a destra per impegnare così le porte. Ciascuna di esse, infatti, si presenta ad angolo retto, aperta tra due segmenti di cinta, che risultano sfalsati di 25 m uno dall'altro. Ciò evitava ogni attacco diretto alla porta mediante ariete o altra macchina da sfondamento ed esponeva il fianco destro dell'attaccante all'offesa proveniente dall'alto delle torri e delle mura, essendo costretto a tenere lo scudo col braccio sinistro (porta scaea).

E' logico ipotizzare, in attesa che lo scavo archeologico lo confermi, che l'accesso di sud-ovest, utilizzato mediante una biforcazione stradale anche dalla via Claudia Augusta, avvenisse attraverso un ponte sopra quell'antico ramo dello Zero, di cui si è parlato, che lambisce le mura a sud ovest e a sud della città.

Area del foro da immagine satellitare

Area del foro con l'Odeon in alto a destra

Gli edifici intra-moenia

Si è discusso a lungo, almeno tra i profani in materia di archeologia, dove fosse ubicato il foro di Altino e dove lo fossero tutte le altre opere architettoniche che caratterizzano il mondo classico romano. Ebbene, ecco giungere a proposito, per soccorrerci ed esaudire qualche nostra curiosità, la fotografia aerea che, esaminando le tracce alquanto nitide che emergono dal sottosuolo dell'antica città, ci permette di fare qualche scoperta interessante. Innanzitutto appare ben delineato il rettangolo del foro dove si affacciano, su almeno due lati, numerosi ambienti quadrangolari, certamente destinati ad usi commerciali (tabernae). Il lato ovest sembra delimitato da una fossa e concluso da un edificio molto probabilmente destinato ad un culto religioso (triade capitolina?). Il muro di recinzione esterna richiude una superficie di 206 x 87 m, mentre la platea o superficie di calpestio esclusi i crepidines, anche se più complessa da leggere, sembra circoscritta in un rettangolo di 146 x 47 m. L'edificio ad ovest del foro sporge nella platea per 19 m ed è largo circa 35 m. Gli ambienti quadrati e nitidamente rilevabili nei lati est e sud, misurano poco meno di 5 metri di lato (16 piedi romani). La via Annia sbocca nel foro in diagonale attraverso un porticato e vi esce allo stesso modo, riprendendo l'iniziale andamento diagonale, per poi raggiungere la porta nord dopo 115 m.

Poco più a nord del foro, separato solo da un edificio di forma rettangolare, appare in tutta la sua nitidezza l'emiciclo di quello che quasi certamente era l'odeon di Altino. La sua funzione, come è noto, era quella di ospitare rappresentazioni di danza o di musica. L'arco di cerchio del muro periferico ad andamento circolare (aperto ad ovest), incluso nello spazio di terreno tra l'edificio rettangolare ed il muro di cinta settentrionale, presenta un angolo ottuso di circa 125°. La sua larghezza in quel punto è di circa 48 m mentre la profondità di tutto il corpo di fabbrica, perfettamente parallelo con il foro e con il settore di muro rivolto a settentrione, è di 60 m. Il muro occidentale che racchiude l'edificio è tangenziale al tratto urbano di via Annia che dal foro passa perpendicolarmente all'odeon per dirigersi alla vicina porta.

Dalla parte opposta di questo tratto di via e contrapposto all'odeon, si riconosce l'inconfondibile forma del teatro. L'intero edificio trova posto nello spazio che intercorre tra la parte occidentale del foro ed il muro nord, che qui si discosta dall'ideale prolungamento del segmento murario che corre a nord dell'odeon, proprio per far posto alla porta urbica rivolta verso est. L'intero edificio, che risulta non perfettamente allineato al foro e all'odeon, bensì leggermente inclinato verso sud, occupa una superficie quadrata di 92 m di lato. Dunque una estensione ragguardevole che trova riscontro nel teatro d'epoca repubblicana di Milano. Per identificare tutti i dettagli della costruzione occorrerà attendere gli esiti degli scavi. Tuttavia si riconoscono le fondazioni dei muri radiali della cavea e l'ambulacro inferiore che divideva le gradinate superiori da quella riservata ai notabili che siedevano in prima fila. L'orchestra, denunciata dalla lastrictura in sito, sembra avere un diametro non inferiore a 33 m. Riconoscibili anche i due aditus laterali. L'edificio scenico si presenta come un rettangolo nettamente distaccato dalla cavea. Nella sua parte anteriore il teatro sembra chiuso da due muri laterali che si collegano al muro radiale esterno ed alla facciata rivolta in tutta la sua estensione verso la via Annia.

Poche le iscrizioni riguardanti i luoghi di culto anche se non esplicitamente espressi come nella dedica dell'ara votiva a Venere di Publicia Amabilis.

VENERI AVG
PVBLICIA
AMABILIS ET
VIRILIS
M A S VILIC AER
V S L B

Interessante per molti aspetti la dedica: innanzitutto l'attestazione di un tempio a Venere, poi il nesso paleografico MAS svolto comunemente con municipii Altini servus cioè servitore del municipio di Altino dove la persona a cui si riferisce, Virilis, umilmente lavora come vilicus aerari, un modesto lavoro di impiegato di basso rango addetto alla riscossione dei tributi.

Il quartiere occidentale di Altino sembra riservato interamente a case di abitazione servite da vie di comunicazione, i cui scoli d'acqua affluiscono verso il fiume Zero dopo aver oltrapassato il muro che, a tale fine, risulta interrotto ad intervalli abbastanza regolari di circa 15 piedi romani. La più grossa di queste canalizzazioni è rappresentata da una diramazione del collettore cittadino, che sbocca proprio in corrispondenza del punto di congiuzione dei due segmenti più importanti del muro occidentale. Tale collettore incontra poco più ad est quello principale che corre sotto la via Annia e forma sistema con una lunga diramazione che, staccandosi poco più a sud, attraversa il resto della città in direzione est.

Una delle tanti icrizioni per così dire "delocalizzate" è contenuta in una lamina bronzea, ora custodita nel museo civico di Treviso, e riguarda un "curator" di nome Saenius (Seno è nome di famiglia che persiste tuttora nell'area di Burano), che fu cavaliere e rivestì la massima carica municipale. Ne riproduciamo il testo con le integrazioni in minuscolo.

HONori Cai SAENI Cai Fili
SCaptia VERI
EQuo Publico IIII Viri Iure
Dicundo II (iterum)
LAVrentis LAVinatis
CURatoris ReRum Publicarum
VICETinorum ATRianorum OPITerginorum
Lucius ACVTIVS MARCILIus CLIENS

La tribù Scaptia ne attesta la cittadinanza altinate. L'importanza del personaggio è evidente: 2 volte quattuorviro, appartenente al collegio sacerdotale dei Laurentes Lavinates riservato appunto ai cittadini romani di rango equestre. Fu per questo che l'imperatore lo scelse come curatore di ben tre municipi. La carica, che sembra essere stata istitutita da Traiano, comportava il controllo dell'amministrazione municipale e la supervisione delle oepre pubbliche.

L'anfiteatro

Ubicato a nord del museo, misura nel lato maggiore dell'ellisse 144 m (orientata di 115° verso nord-ovest), il che lo pone con i suoi 109 m del lato minore, dimensionalmente vicino al corrispondente manufatto di Verona. Il suo muro perimetrale di sud-est distava meno di 30 m dagli approdi del canale Sioncello. Chi entrava in città percorrendo quella via d'acqua, vedeva sulla destra l'anfitetro e di fronte le due torri della porta orientale messe in luce negli anni '70.

Il quartiere (insula) portuale ad est del museo

Presenta un andamento regolare con orientamento nord-est dei cardini pari a 26°, cioè perfettamente parallelo al molo ed alle installazioni portuali sotto riva. Il sistema di ripartizione delle insulae sembra rispecchiare un modulo standard già riscontrato nella suddivisione agraria ad est di Rovigo. La misura di 247 metri tra una via e l'altra corrisponde infatti a 7 actus di lato, ovvero a 840 piedi romani.

L'area del circo

Se si da per scontata la presenza di un circo ad Altino, ci si deve chiedere dove esso poteva trovare collocazione nei pochissimi spazi ancora liberi di una città già fortemente urbanizzata, in un contesto ambientale ricco di corsi d'acqua. Poiché tali edifici, come noto riservati esclusivamente alle corse dei cavalli o carri da essi trainati, apparvero relativamente tardi nel mondo romano dove le folle confluivano in massa agli spettacoli che vi si rappresentavano, richiede più di ogni altra costruzione pubblica, spazi molto ampi. Avendo localizzato sul terreno praticamente tutte le principali infrastrutture monumentali della città antica, si sarebbe indotti a credere che reperire al suolo una costruzione di tali fattezze, non rappresentasse alcuna difficoltà. Ma non è così. Se per un verso le particolari condizioni di luce, il momento più propizio alle riprese, le colture in atto, l'inaridirsi del suolo ecc., hanno permesso di leggere con grande precisione la mappa dell'Altino romana con le sue caratteristiche opere monumentali, le prime immagini dall'alto non consentivano ancora di individuare con assoluta precisione dove poteva essere collocato il circo, posto che ve ne fosse uno. A dire il vero, anche procedendo per esclusione e quindi localizzando alcune possibili zone ed eliminandone altre, certe linearità di strutture sepolte ai margini del centro abitato che potevano far pensare al circo, si potevano intravedere. La zona orientale andava subito esclusa dovendo riservarla alle molteplici attività portuali che non ammettevano intralci al libero movimento verso l'entroterra. Del resto da quella parte si era ricavata l'area per erigere un quartiere ben attrezzato con strade di servizio per banchine e magazzini. A nord, oltre le mura, l'area oltre ad essere fortemente urbanizzata tra Sioncello e via Annia da un lato e tra quest'ultima e la strada di raccordo con la via per Oderzo dall'altro, non vi potevano insistere strutture dimensionali riconducibili ad un circo, tanto più che da quella parte, appena al di quà del Sioncello, vi è la notevole mole dell'anfiteatro e, più a nord, il tracciato della via Annia taglia diagonlmente tutta l'area, occludendola. Ad ovest lo spazio era riservato all'altra grande arteria stradale: la Claudia Augusta che naturalmente doveva essere messa in stretto rapporto con i movimenti via mare ed il traffico portuale.

L'allevamento dei cavalli in area veneta risaliva ai tempi remoti. Strabone riferisce che era usanza presso queste popolazioni di sacrificare a Diomede un cavallo bianco. E' forse per tale ragione che nelle principali città di origine veneta (Este, Padova, Altino) si sono trovate sepolture di questi quadrupedi risalenti all'epoca preromana. In ogni caso il rapporto in chiave economico-sociale tra l'originario abitante di questa terra e cavallo, si mantenne stretto anche in epoca successiva alla romanizzazione del territorio. Il nuovo cittadino romano di origine veneta non sarà solo colui che perpetuerà l'allevamento di razze equine all'epoca rinomate, ma come fruitore appassionato, diverrà il campione da esibire nelle gare sportive circensi. Non è un caso se nel circo una delle fazioni che correvano nelle corse con le bighe era quella che indossava la casacca "veneta", termine che per trasposizione semantica venne ad indicare il colore verde.

Non restava dunque che analizzare il lato sud e più precisamente lo spazio compreso tra il tracciato della via Annia uscente dalla porta occidentale, con la sua fascia di rispetto rappresentata dal sepolcreto, ed il limite meridionale delle insulae portuali. Qui corrono, ben evidenti dall'alto, le doppie tracce del tratto di mura interrotte quasi sicuramente, più ad est, nella parte adiacente all'attuale strada comunale (ex Triestina), da una porta urbica. E' proprio qui che su alcune immagini, non le stesse che hanno consentito così bene e in dettaglio di leggere il centro urbano romano, si scorgono, immediatamente a nord del canale Santa Maria, le fondazioni rettilinee di una struttura a carattere monumentale compatibile con il circo.

La struttura segue quasi parallelamente il tratto meridionale del muro di cinta, da cui dista un centinaio di metri. Nella parte settentrionale che si affacciava direttamente sulla via Annia, doveva aprirsi la porta trimphalis, costituente l'ingresso monumentale del circo, mentre la parte opposta presenta il semicerchio caratteristico concludente la sezione terminale. La spina è ben visibile ma non il muro nord. Non si riconoscono sul terreno cortine di collegamento con la cinta muraria difensiva che pur dovevano formare sistema in vista di attacchi esterni, come si riscontra nei circhi di Aquileia e Milano che al momento del pericolo non avevano esitato ad inglobare nelle mura il proprio circo, struttura che di per sé ben si presta a scopi difensivi. Il rilevamento dimensionale (eseguito mediante il righello di Google) indica una lunghezza di poco inferiore ai 400 m e una larghezza di 100 m (tra centro spina e muro sud moltiplicato due), equivalente perciò al circo di Mediolanum.

strada verso il porto

Strada selciata collegante il centro urbano con il porto.

La via urbana, uno dei decumani del centro storico, prosegue verso est in direzione del porto lagunare. Le foto aeree rivelano infatti la traccia del rettifilo fino alle installazioni settentrionali del porto, le cui acque salmastre della laguna si mescolavano con quelle del fiume Zero che vi sfociava. Dopo aver lambito il centro urbano e raccolto le acque del Sile/Piave, che vi affluivano attraverso il canale artificiale Sioncello, i due fiumi intercomunicavano così con lo scalo marittimo.

Il tratto di via selciata messa in luce nel 1962 ad est della vecchia strada "Triestina", in corrispondenza del museo di Altino e oggi visibile come scavo aperto, rappresenta uno dei decumani principali della città. Nei suoi pressi è stato rinvenuto il mosaico dicromo della pantera che si abbevera da una corno potorio, in un contorno di tralci di vite e pampani. La scena sembra essere ricavata dalla simbologia riconducibile al ciclo dionisiaco. Il pavimento faceva parte dell'ingresso (fauces) di una ricca domus che si affacciava al decumano.

Museo di Altino (provincia di Venezia)

B. M. Scarfì, M. Tombolani, Altino preromana e romana, Quarto d'Altino 1985

Nella medesima campagna di scavo si rinvenne, a circa 5,40 m a meridione del decumano, una pregevole pavimentazione, purtroppo incompleta, di lastre di marmi policromi (litostrato). Quella centrale, quadrata, è inscritta da una lastra rotonda su cui è posato uno zoccolo triangolare su cui poggia un'elegante base marmorea a lati convessi che probabilmente sosteneva un tripode. Le tipologie marmoree sono le seguenti:

F. Fornasier, in Quaderni di archeologia del Veneto, XX, 2004

Dioniso e satiro

Lastra in marmo di Luni rappresentante le teste di Dioniso e di satiro (da Restituzioni 2008).

Il reperto originario di forma rettangolare, di pregevole fattura, proviene da una delle domus scavate ad est del museo. In epoca recente venne suddiviso in due parti (divisione del "bottino" tra due persone o per trarre maggiore guadagno nel venderle separatamente), successivamente recuperate in tempi diversi e ricomposte. Si tratta di decorazioni per erme o pilastrini arredanti orti e giardini, come si può riscontrare in numerose pitture parietali di Pompei, ovvero da applicare nei muri di ambienti interni come i peristili. In origine le maschere, poste da attori teatrali in cassette, erano offerte alla dività a motivo di riconoscenza per fausti avvenimenti. In seguito tale uso assunse un semplice valore decorativo anche se non si esclude che venissero impiegate come oscilla.

Necropoli nord orientale

foto aerea via Annia a nord-est di Altino

Il rettifilo della Via Annia a nord-est di Altino verso il fiume Sile
(Google maps, ril. 10-05-2006, alt. 2,26 km)

I numeri indicano l'ubicazione dei siti in cui vennero messi in luce i recinti sepolcrali della necropoli di nord-est lungo la via Annia. A sud la numerazione da n. 1 a n. 37, a nord da n. 38 a n. 86 con l'aggiunta, accanto al n. 44, del n. 87 successivamente scoperto.

Nel corso delle sistematiche campagne di scavo avvenute tra il 1966 ed il 1975 e nel biennio 1983-84, lungo il percorso settentrionale della Via Annia, dalle porte dell'antica città fino ai margini del fiume Sile (circa 2,5 km), si sono messe in luce non meno di 1500 tombe, rivelando così che tutta l'area ai due lati della via era interamente riservata alle sepolture dei defunti.

Uno di questi recinti (n. 85) fu dedicato, oltre che per sé e per la moglie Attia Peregrina, al collegio dei lanari e purpurarii gentili da un certo Publio Petinio Apto. Il personaggio di condizione un tempo servile ma poi emancipato a liberto (lo attesta il nome del padrone che lo liberò) doveva essere dotato di cospiqui mezzi finanziari, derivanti molto probabilmente dalle attivitità connesse con gli allevamenti delle famose pecore altinati. Egli, infatti, fu in grado di acquistare un'area di notevole estensione, ovverosia 45 piedi sul fronte strada e 47 verso la campagna (circa 13,3 x 14 m). L'iscrizione è la seguente:
P. PAETINIVS P. L.
APTVS SIBI
ET ATTIAE PEREGRINAE VXORI
ET COLLEG. GENTILIB. LANAR. PVR.
IN FRONT. P. XXXXV RETR. P. XLVII
V. F.

recinto 85 lapide
Ricostruzione grafica del recinto n. 85 Lapide di P. Paetinius Aptus del recinto n. 85

B. M. Scarfì, M. Tombolani, Altino preromana e romana, Quarto d'Altino 1985

Icaro

Statua di Icaro (da Restituzioni 2008).

La statua acefala e fortemente mutila fu rinvenuta nel 1967 nella necropoli di nord est della via Annia. Apparteneva dunque ad un monumento funeraio di notevole ricchezza a giudicare dalla fattura della statua. In pietra calcare d'Aurisina raffigura Icaro in procinto di spiccare il volo. La statua finemente lavorata sul devanti, presenta sul retro, appena sbozzato, un incavo sede della grappa d'ancoraggio ad una struttura portante, che la collocava in posizione sopraelevata, rendendo così l'idea del volo al viandante.

vasi di vetro

Tre vasi di vetro (da Restituzioni 2000).

L'immagine mostra tre vasi di vetro dopo un nuovo restauro eseguito a diversi anni di distanza dal primo intervento, quando si impiegavano materiali ancora poco appropriati per il vetro. Si tratta di due olle-ossuario, di cui una ansata, e di un "kantharos" (a sinistra). La deposizione delle ceneri del defunto dopo la cremazione in contenitori vitrei sembra di uso ricorrente in Altino nei decenni centrali del I° secolo d.C. Per il "kantharos" si ipotizza una deposizione infantile, data la dimensione ridotta rispetto ai normali modelli metallici. L'olla di destra sembra appartenere al corredo funerario della tomba registrata col n. 497 della necropoli di nord-est della via Annia.

La strada di raccordo tra la Via Annia e via per Opitergium

foto aerea strada di raccordo a nord di Altino

Il tracciato della strada di raccordo con la via per Oderzo/Opitergium
(Google maps, ril. 10-05-2006, alt. 3,43 km)

La numerazione dei recinti scoperti iniziata nella necropoli nord-est dell'Annia, prosegue lungo il tracciato della cosiddetta strada di raccordo tra la Via Annia e la via che puntava in direzione di Oderzo. Sul lato est i numeri da 88 a 95, su quello ovest da 98 a 110. All'interno o nelle immediate vicinanze dei recinti situati sul lato ovest si rinvennero 166 tombe. Se il Fosso dei Battelli è uno scavo recente, lo scolo Carmason, al contrario, è di antica data, coeva all'insediamento romano, tanto che il suo alveo, ben più largo dell'attuale fossato, si riscontra nella depressione del terreno corrente verso est e che formava una barriera acquea naturale prospiciente in gran parte il circuito murario settentrionale.

altare cilindrico

Altare cilindrico con ghirlande (da Restituzioni 2000).

L'altare fu rinvenuto occasionalmente nel 1978 in località Brustolade, lungo a strada di raccordo tra la via Annia e quella per Oderzo. Lo stile si ispira a forme artistiche di derivazione ellenica, facilmente trasmesse ad Altino grazie al suo porto, che attecchì nelle locali officine lapidee con risultati sorprendentemente moderni. Il cagolino posto sul piano del focus a guardia dell'integrità del monumento, rivela la destinazione funeraria di una deposizione a cassetta, coperta dall'altare stesso fissato mediante due grappe i cui incassi risultano diametralmente opposti.

altare ottagonale

Altare ottagonale rinvenuto lungo la strada di raccordo (da Restituzioni 2006).

L'altare ottagonale, riccamente lavorato a motivi floreali/vegetali in tutti i suoi otto pannelli, diversi uno dall'altro nel disegno ornamentale e nell'incorniciatura, sembra rientrare nel repertorio esclusivo delle maestranze altinati le cui produzoni si possono indivuduare in altri centri dell'Italia settentrionale.

Necropoli sud occidentale

gigante alato

Statua di gigante anguipede alato (da Restituzioni 2004).

La statua venne rinvenuta, insieme con la successiva, nel 1952 durante i lavori di aratura in località Belgiardino, fuori della cerchia muraria municipale, dunque nell'ambito della necropoli sud occidentale della via Annia. Queste raffigurazioni si rifanno alla lotta cosmica degli Dei contro i giganti (gigantomachia), sono ben rappresentate nei fregi del tempio di Zeus a Pergamo, ricostruiti con l'altare trasportato a fine ottocento inizio novecento a Berlino. Le statue, ambedue acefale, non rivelano l'aspetto dei volti, che si intuiscono foltamente barbuti come si evince dai lembi ricciouti ricadenti sulla zona clavicolare di ambedue i giganti. Il corpo muscoloso e possente rende in modo superbo la forza fisica di questi esseri dalle gambe a forma di serpente, tra i quali si può ravvisare Tifone che viene rappresentato sempre alato.

gigante

Statua di gigante anguipede (da Restituzioni 2004).

Quale ragione abbia indotto il committente ad eseguire un monumento funerario di di tali fattezze e monumentalità non è dato sapere, ma è ragionevole pensare che i due giganti rinvenuti costituissero un ben più complesso ciclo rappresentativo della lotta titanica e successiva distruzione di questo genere di demoni ad opera del pantheon divino coadiuvato da eroi umani, il bene divino e terreno che sconfigge il male rassicurando così la vita civile del mondo. Difficile credere ad un'ipotesi di reimpiego delle figure dopo averle prelevate da un monumento ben più importante che aveva perso la sua funzione.

foto aerea via Annia verso Ca' Noghera

Fotografia aerea della via Annia a sud-ovest del centro abitato
(Google maps, ril. 18-01-2002, alt. 2,07 km)

In questo tratto della Via Annia, sul lato nord della stessa e a poca distanza dalle anse meridionali del fiume Dese, furono rinvenuti nel 1952 i resti di un monumento funerario, denominato subito mausoleo, di notevoli proporzioni e di buona fattura architettonica. Racchiudeva nella sua cella la statua, recuperata quasi intatta, di un uomo in età giovanile rivestito della toga virile.

La ricerca archeologica ed il recupero del materiale rinvenuto lungo questo tratto della Via Annia a qualche chilometro a meridione del centro abitato della città romana di Altino, fu condotta per lodevole iniziativa personale del conte Jacopo Marcello nei terreni di proprietà attraversati dalla strada consolare romana. Egli poi rese pubblici i risultati di questa sua attività attraverso un libro stampato a Venezia nel 1956: "La Via Annia alle porte di Altino". I siti esplorati, documentati da vari disegni e immagini fotografiche, erano stati trascritti in una specie di diario degli scavi, con l'ubicazione, in una piantina, dei reperti più notevoli contrassegnati da un numero d'ordine dal n. 1 al n. 22.

Uno di essi si riferisce al mausoleo, un altro, il n. 4, localizza l'area, piuttosto estesa, di un complesso edilizio identificabile, sulla scorta del materiale raccolto sul terreno di superficie, in una villa suburbana, quasi certamente una di quelle che avevano reso famosa un tempo la città. La fotografia aerea rivela chiaramente l'esistenza di una strada di accesso (non rilevata dal conte), larga poco meno di 7 m, che si stacca dalla Via Annia con un angolo di poco ottuso rispetto al suo asse.

mausoleo statua
Restituzione grafica del grande mausoleo con giovane togato. Statua del giovane togato

Museo di Altino (provincia di Venezia)

Il conte Marcello, non volendo deviare di molto dallo scopo delle sue ricerche, si limitò a recuperare gli oggetti superstiti ed a tracciare una piantina di alcune opere murarie riferibili ad un complesso abitativo, che doveva essere molto ricco considerando i resti visibili sulla superficie del terreno agricolo: mosaici in bianco e nero, marmi, elementi archittetonici vari, un tratto di "fistula aquaria" in piombo, suppellettili varie ecc., nonché pezzi di intonaco dipinto a encausto con motivi di assoluto valore espressivo. Non risulta che successivamente si siano effettuati scavi sistemativi dell'area, con lo scopo di localizzare e identificare l'intero complesso e magari salvare ciò che l'aratro non aveva ancora distrutto.

affresco affresco1
Lacerti di pittura murale ad encausto recuperati nella tenuta del conte Marcello in Val Pagliaga, nell'area della villa suburbana identificata col n. 4.

J. Marcello, La Via Annia alle porte di Altino, Venezia 1956

L'antico santuario in località Fornace

area di scavo del santuario

Scavo dell'antico santuario di Altino in località Fornace
(Google maps, ril. 13-09-2006, alt. 255 m, con la sovrapposizione dei rilievi planimetrici)

Gli scavi, succedutisi per diversi anni fino al 2007, hanno rivelato che nello stesso luogo denominato Fornace è insistita, per un lunghissimo periodo che probabilmente ha origine nell'XI a.C. secolo e si estende al VI secolo d.C., un'area sacra composta da diverse strutture.

Tra i reperti che sono venuti in luce, figurano diverse iscrizioni alcune delle quali (35 per la precisione) in lingua venetica. Una di esse, graffita sul fondo di un vaso attico a figure rosse, databile all'inizio del IV secolo a.C., riporta la formula dedicatoria alla divinità di "Altino" oggetto del culto del santuario. Il rinvenimento è eccezionale perché ci rivela che il nome di Altino è un teonimo, cioè deriva dal nome stesso della divinità che era venerata localmente. Come si assimilò la tradizione religiosa del mondo romano che si sovrappose all'antico culto locale? Da un frammento d'iscrizione su lastra di marmo, rinvenuta durante gli scavi, si menziona Giove e gli oggetti sacri con gli arredi evidentemente riferibili al tempio o all'area sacra.

AAVV, Altinoi, il Santuario altinate, Roma 2009

Le ville

area di scavo della villa a sinistra del Sioncello

Planimetria degli scavi della villa oltre il canale Sioncello
(Google maps, ril. 11-09-2004, alt. 915 m, con la sovrapposizione dei rilievi planimetrici)

Come si è visto sopra, una villa fu localizzata dal conte Marcello poco a nord della via Annia (maggio 1948). Un'altra fu messa in luce nel corso di una campagna di scavo condotta nel 1973 a ridosso del canale Siloncello. L'area riguarda un tratto di sponda orientale situata a sud della via Annia e a circa 600 m dall'ansa di quasi 90° che il canale stesso descrive a sud. Naturalmente si rilevarono i dati planimetrici dei reperti tra i quali figurarono due mosaici dicromi (a tessere bianche e nere), uno dei quali, in buono stato di conservazione, presenta degli originali motivi ornamentali di sicuro interesse artistico e figurativo. Nel medaglione centrale è raffigurato un cervo andante verso destra con virgulto, riconducibili probabilmente alla simbologia di Diana cacciatrice (Artemide).

villa est Sioncello
Pavimento a mosaico del cervo e ricostruzione grafica dello stesso.
pavimento est Sioncello
Pavimenti in tessere musive ad est del Sioncello.

Gli Altinati ricordati nelle epigrafi

Una stele proveniente da Zara in Dalmazia ricorda il centurione Tito Elvio Salinatore il quale dedica al padre Tito Elvio Marino quattorviro di Altino e originario del posto per via della tribù Scaptia, un monumento funerario di 30 x 30 piedi. (CIL 03 2914)
T. ELVIO SCA. MARINO
IIII VIR ALTINI
T. ELVIVS T. F. SALINATOR
7 LEG. VII PATRI
IN FRONTE P. XXX IN AGRO P. XXX
H.M.H.N.S.


Altre epigrafi:

CIL 6 2726, Roma
D. M. Q. VENNONIO Q. F. SCAPTIA VALENTI ALTINO MIL. COH. VIIII PR. 7 CHARITONIANI MIL. ANN. XV VIX. ANN. XXXIII FEC. PLAVTONIVS EXORATVS MIL. COH. PR. 7 EADEM ET CHARISIVS LIB.
CIL 6 3884, Roma
P. ARRIVS P. F. SCAP. SABINVS ALTIN.
CIL 6 2733, Roma
TI. AVRELIVS A. F. PAP. CLEMENS DOMO ALTINI MILES COH. X PR. 7 ANTISTI
CIL 3 13638, Amasea (la città di Strabone)
L. SEMPRONIVS L. F. SCAP. ALTINI MACEDO DEC. ALAE CLAVDIAE NOVAE
CIL 3 14959, Magnum (Ruzic in Dalmazia), l'epigrafe è mutila; il beneficiarius consularis era un sottufficiale assegnato allo stato maggiore
... F. SCAP. ALTINO B.F. COS. LEG. VII CL. P. F. ...
ILJug 3 2802, Promona (Tepljuh in Dalmazia)
MANIBVS C. VALERI C. F. SCA. SECVNDI ALTINO PRAEF. KAS. LEG. XI C. P. F.

Planimetrie degli scavi

Approfondimenti e documentazioni varie

logoGrazie Google per avere messo a disposizione di tutti le mappe satellitari.

Ritorno alla pagina iniziale