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Storia Romana
Viabilità nella Venetia et Histria
Bruno Dotto
Il tracciato della
Via Annia
tra ipotesi e realtà
Aquileia, colonia di diritto latino, fu fondata nel 181 a.C. per decisione del senato romano nel quadro della politica di espansione verso nord dello stato repubblicano in seguito alle guerra da poco conclusa contro Annibale. Le cospicue risorse riservate al nuovo insediamento indicavano con quale importanza il governo di Roma affrontava la nuova impresa che seguiva di qualche decennio le deduzioni in territorio celtico delle colonie di Piacenza e Cremona.
Il luogo non era stato scelto a caso. Situato in un punto strategico non lontano dalla costa, il nuovo caposaldo della penetrazione romana nel settentrione d'Italia, avrebbe conseguito l'obiettivo di consolidare una presenza stabile in quel territorio, appena fuori dal confine con i Veneti, e tenere sotto controllo l'unico sbocco naturale facilmente accessibile attraverso le Alpi. Inoltre avrebbe costituito una base di appoggio di primaria importanza da dove operare offensivamente contro le popolazioni ostili delle Alpi e dell'Istria non ancora assoggettate.
In seguito, appena fu garantita una certa sicurezza su tutta la regione, la città venne collegata da ovest attraverso la via Postumia, la grande arteria costruita nel 148 a.C. che partendo da Genova e superato il Po a Cremona, congiungeva verso est i maggiori centri della Transpadana.
Qualche anno dopo, nel 131 a.C., la città fu raggiunta dalla via Annia che con un percorso da sud seguiva le linee costiere e lagunari della Venetia collegandola così direttamente con la città di Adria e da lì col centro del potere statale. Si chiudevano così anche qui le branchie di quella tenaglia viaria che contraddistingueva il metodo di conquista più o meno cruento dello stato romano.
Il nome di Annia è attestato da almeno quattro iscrizioni: tre rinvenute ad Aquileia (CIL V 7992, CIL V 7992a, senza registrazione) e una attribuibile quasi sicuramente ad Altino (CIL V 1008a). Inoltre il toponimo Agna, di chiara origine latina, località in provincia di Padova a metà strada tra questa città e Adria, ricorda in maniera inequivocabile l'antica strada consolare romana. Un altro toponimo di origine prediale, ora scomparso, in prossimità di Mestre, lungo il percorso tuttora esistente dell'"antica via Orlanda", ricordava anche qui la strada romana.
Questa è la tesi dominante, ma non vi sono prove che la avvalorano e le tenue basi su cui essa si regge, in primis il toponimo di Agna, sono facilmente smontate, come si vedrà più avanti, sostituite da ben più solidi fondamenti.
Nota fino a pochi decenni fa col nome di Emilia Altinate per via di un passo di Strabone, ritenuto confuso ma a mio parere illuminante, il nome di Emilia si ritrova ancora oggi in molti cartelli stradali che le amministrazioni locali dedicarono a questa via, lungo tutto il suo percorso che allora per molti tratti era solo ipotetico.
Ora grazie anche alla aerofotografia, sviluppatasi nel corso del secondo conflitto mondiale, e ad altri sistemi di ricerca avanzati, è possibile riconoscere sul terreno buona parte del suo tracciato. Più di recente le spettacolari immagini satellitari ora disponibili anche su internet, consentono di seguire dall'alto tutto il percorso comodamente dal proprio computer di casa.
L'attribuzione del nome Annia alla strada
Anche questa è stata una questione molto dibattuta finché lo studioso Attilio Degrassi, in virtù di un miliario rinvenuto in Calabria riportante il nome di T. Annio (figlio di Tito) e riferito al periodo della sua pretura, non ritenne di aver risolto il problema della datazione della via Annia in base a questo ragionamento. Se il console P. Popillio Laenas aveva costruito la strada Rimini - Adria nel 131 a.C., come risulta da un ormai famoso cippo rinvenuto presso quest'ultima località, non si capiva perché egli non avesse dato il suo nome anche al tratto finale fino ad Aquileia. Questo stesso console aveva fatto costruire in Calabria la strada Capua - Reggio ma, ipotizzò il Degrassi, l'opera fu portata a termine, non si sa per quale ragione, da T. Annio pretore in Calabria in quel periodo. La stessa cosa doveva essere successa, per Degrassi, anche col tratto Adria - Aquileia, sostenendo così la tesi che ambedue le opere viarie fossero attribuibili a Popillio - Annio nel 131 a.C. in modo da fornire una sequenza cronologica accettabile per il fatto che Popillio fu console nel 131 a.C., essendo l'iniziatore della strada in partenza da Rimini (le strade si irradiavano da Roma quindi nel caso dell'alta Italia da sud verso nord e non il contrario) e Annio pretore nel 131 a.C. Quest'ultimo però doveva identificarsi con il T. Annio Rufo che diverrà a sua volta console nel 128 a.C. e non con T. Annio Lusco che fu console venticinque anni prima, nel 153 a.C., come molti studiosi sostenevano e sostengono tuttore.
E' mia opinione che una tesi simile regga solo su delle forzature e presenti molti punti deboli che vediamo di analizzare.
Come accennato, gli autori che si occuparono di questo tema furono numerosi e tutti insigni. Nel secolo scorso alcuni membri della Regia Deputazione di Storia Patria, esaminate le documentazioni disponibili di allora, ne riconobbero in buona parte il percorso da Altino ad Aquileia che andarono ad esaminare di persona sul terreno.
Quasi tutti i riscontri sul terreno trovarono conferma nelle antiche descrizioni d'epoca medievale derivanti da più antiche pergamene romane. Si trattava di vere e proprie mappe ad uso di viaggiatori e pellegrini che si mettevano in viaggio attraverso tutte le regioni del vasto impero, con le indicazioni delle distanze tra i centri maggiori e quelli intermedi, spesso attrezzati per il cambio dei quadrupedi, per il ristoro e la sosta.
Al contrario, il presunto tracciato da Adria a Padova non è citato in nessun documento antico, mentre quello tra quest'ultimo centro e Aquileia è documentato da tre itinerari: l'Itinerarium Antonini, l'Itinerarium Burdigalense e la Tavola Peutingeriana. Se ne dà di seguito la trascrizione delle località con le relative distanze in migliaia di passi (il miglio romano misurava 1000 passi e corrispondeva a 1.478,50 metri lineari di oggi).
Tecnica costruttiva
Come testimoniano le iscrizioni rinvenute fino agli estremi confini dell'ìmpero, il soldato romano, oltre che l'artefice del proprio accampamento legionario, era il primo grande "posatore" di strade avvalendosi di una tecnica insuperata che ancora oggi possiamo ammirare.
"Stabilito con cura il tracciato da seguire, si scavava il terreno fino a trovare un fondo solido e lo si rafforzava adeguatamente. Dopodiché su questo si sovrapponevano quattro strati di materiale: il primo detto "statumen" era composto di sassi mescolati con argilla, il secondo, "rudus", di pietre e frammenti di mattoni e sabbia legati da calce, il terzo, "nucleus", di pietrisco con frammenti di mattoni fortemente battuti, l'ultimo, "summum dorsum", di massi poligonali di pietra dura (basalto), ben levigati e ben combacianti. Al centro, per permettere lo scolo delle acque, la strada era leggermente arcuata". (Vitruvio, De Architectura, VII, I).
Naturalmente non sempre le condizioni del suolo consentivano di seguire una simile procedura che interessava essenzialmente la viabilità urbana e gli attraversamenti stradali più importanti. Le regioni ricche di corsi d'acque e di vaste aree paludose come era la parte litoranea della Venetia a valle dei terreni di resorgiva, andava trattata in maniera particolare. Se gli antichi romani, laddove era necessario far passare una strada, non esitavano a scavare gallerie, livellare terreni, gettare ponti, nei tratti acquitrinosi drenavano il terreno, lo costipavano con detriti e materiale vario, piantavano solide palizzate e tavolati su cui la strada trovava un fondo stabile e sicuro. Nei terreni soggetti a frequenti allagamenti, come erano qiuelli del litorale marino o lagunare veneto solcato da fiumi privi di arginature ed esposto alle mareggiate, il tracciato stradale era caratterizzato da un terrapieno di altezza sufficiente a garantire la percorrabilità in qualsiasi stagione. Questo terrapieno, già di per sé valido argine contro le piene, costituiva per tutto il tratto innalzato lungo tutto il margine lagunare e per buona parte di quello costiero, uno spartiacque artificiale tra entroterra e mare. Nei luoghi dove sistematici si svolsero gli scavi per portare in luce il lungo sepolcreto lungo la via Annia a NE di Altino, la base del terrapieno costituito da argilla venne misurata in ben 26 metri (9 passi romani), essendo questa la distanza tra i margini interni dei due fossati.
Nei punti dove la via era più soggetta ad erosioni ad opera delle acque, il suo sottofondo stradale era costituito da palafitte come si constatò nel corso degli scavi effettuati nel centro abitato di Altino dove si misero in luce alcune sezioni glareate di strada (De Bon, La Via Claudia Augusta Altinate).
I toponimi come Levà, Levada e simili, stanno ad indicare, per questa come per tutte le altre antiche strade costruite dai romani, un percorso in sopraelevato rispetto al piano di campagna e sono una preziosa spia per i ricercatori.
Il percorso in base alle passate teorie
Tutti gli studiosi che si sono occupati della via Annia, pur divergendo sul punto di partenza, sono concordi nel farla passare per Padova. Voglio qui riepilogare ciò che si è scritto in passato in merito a quel tracciato che viene attribuito, secondo me i maniera del tutto inappropriata, alla via Annia del secondo secolo avanti Cristo. Per la descrizione del percorso si è cominciato da Adria ritenendo che lo sviluppo logico della rete stradale romana continuasse da meridione essendo la capitale dello Stato il suo centro d'irradiazione viaria oltre che culturale.
Adria - Atria
L'omissione della città di Adria negli itinerari tardo romani sembrerebbe giustificata, secondo questi autori, dal fatto che i flussi di traffico di quell'epoca seguivano percorsi più diretti da o verso i porti del nord Adriatico, non ultimo quello lagunare di Altino che aveva assunto primaria importanza dopo l'apertura della grande strada Claudia Augusta, evitando così di compiere una inutile deviazione per Adria e quindi per Padova.
I collegamenti col meridione avvenivano o mediante la strada litoranea proveniente da Ravenna, ricordata dalla Tabula, o grazie ad un sistema di canalizzazioni interne (fossae) che permetteva di raggiungere Altino per via d'acqua come ricordato dall'itinerario di Antonino: "inde navigatur Septem Maria". Invece la strada che giungeva a Padova da ovest si innestava in città con la (presunta) via Annia proveniente da Adria.
Comunque sia la (presunta) via Annia diretta a Padova usciva da Adria per la località Pontinovi dove, poco più a nord, piegava verso Fasana Polesine e da qui puntava su Pettorazza Grimani. Oltre l'Adige essa non percorre l'attuale rettifilo verso Agna bensì un tracciato rettilineo riconoscibile dalle immagini satellitari situato più ad est che, passando per Rottanova, punta anch'esso su Agna. Superata questa località, che come si è visto ricorda nel nome l'antico percorso, si arriva alla località "il Cristo" sempre ricalcando il tracciato romano il quale si ritrova anche più avanti, nei tratti visibili ad est di Arre e presso Arzercavalli (tali evidenze però non sono state riscontrate sul terreno).
Toccato il paese di Bovolenta, lambito ad est dal fiume Bacchiglione di cui un vecchio ramo ne interrompe il tracciato verso meridione, la via Annia è ancora oggi percorribile nel suo più lungo rettifilo che, superate le località di Casalserugo e Salboro, consente di raggiungere Padova che attraversa da sud a nord formandone il cardine massimo. Tale rettifilo non è tuttavia provato che risalga ad epoca romana, né tarda né tantomeno del secondo secolo avanti Cristo.
Settore a nord di Adria Rettifilo Padova - Bovolenta (tavolette IGM) |
Immagini Google dal satellite |
Padova - Patavium
Entrata in città attraverso il ponte Corvo, uno dei cinque che si conoscono all'interno dell'aerea urbana, la via superava il fiume Edrone proveniente da Prato della Valle. Tale ponte, d'epoca giulio-claudio e rifatto nelle strutture superiori nel 1906, conserva le sue tre arcate originarie di cui quella occidentale interrata. L'altro ponte che serviva la via Annia in uscita dalla città era l'Altinate, anch'esso a tre arcate, due delle quali interrate e la terza, quella orientale, tuttora in uso. La strada seguiva dunque il percorso dell'attuale via Altinate e dell'ex porta Ognissanti continuando verso est a meridione del fiume Brenta.
Circa un altro percorso che alcuni studiosi vollero far passare sulla sponda sinistra del Brenta, antico ramo del Meduacus, adducendo i molti reperti antichi colà rinvenuti, occorre ricordare che il territorio era densamente abitato anche in epoca antica e che qui finiva l'agro centuriato di Padova romana con tutte le vie campestri che lo suddividevano, come si può ben vedere anche oggigiorno.
In territorio di Camin nel 1806 fu portato in luce il pilone di un ponte di buona tecnica costruttiva romana. Qui a quell'epoca era vivo il toponimo "Brenta secca" (Vedere C. Gasparotto, Carta Archeologica d'Italia, foglio n. 50 IGM Firenze 1959, pag. 20 n. 9).
Riviera del Brenta
Oltre Camin la via toccava Tombelle, Stra (toponimo che ne rivela il tracciato) e Sambruson.
La località di Sanbruson è da identificarsi con la mutatio ad Duodecimum, segnalata dall'itinerario Burdigalense. Da qui si sarebbe diramata la strada di raccordo con "Maius Meduacus ", stazione di posta lungo il tratto endolagunare della via litoranea Rimini - Aquileia (vedere anche la mappa del Fraccaro). Le 12 miglia vanno computate a partire da Padova il cui territorio probabilmente si estendeva fino al fiume Muson, un tempo sfociante nella laguna di Venezia, che delimitava gli agri centuriati di Padova e Altino.
Da Sambruson l'antica via continuava per Porto Menai e Gambarare, poi piegava più a nord per evitare le zone paludose della laguna dove oggi si trova il polo industriale di Porto Marghera.
Riviera del Brenta sez. tavoletta IGM 1:25000 Dolo |
Immagini Google dal satellite
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Il percorso comune a tutte le teorie
Mestre
La prima stazione di posta in territorio altinate che si incontrava lungo la via Annia venendo da meridione era ad Nonum localizzabile in territorio di Mestre dove un tempo si trovava il porto di Cavergnago (ora scomparso). Qui infatti cadono le 9 miglia misurate da Altino nel cui territorio era siatuata tale stazione. La via Annia si identificava con l'antica strada Orlanda che un tempo si poteva ammirare correre sopraelevata per un buon tratto dinanzi i bastioni di forte Marghera, dove curvava verso sud, prima che l'intera zona venisse spianata per far posto agli impianti industriali di Porto Marghera.
Lungo il suo tracciato verso Altino sussitono ancora i toponimi di Tessera e di Terzo, dove un tempo erano collocati i cippi stradali rispettivamente del 5° e del 3° miglio da Altino.
Altino - Altinum
Gli scavi archeologici condotti in passato hanno appurato con precisione il percorso della via Annia all'interno dell'abitato romano. Essa correva perfettamente rettilinea fino a pochi metri prima d'incontrare il canale Sioncello, dove piegava ad est in direzione del fiume Sile. Qui, alcuni decenni addietro, vennero effettuati scavi sistematici, poi ricoperti per i bisogni agricoli, che misero in luce un numero enorme di sepolture ai due lati di tutto questo tracciato.
Il centro di Altino sez. tavoletta IGM 1:25000 Altino del 1887 Via Annia all'uscita NE di Altino verso il Sile sez. tavoletta IGM 1:25000 Altino |
Immagini Google dal satellite
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Percorso Altino - Concordia
Superato il fiume Sile, la strada passava per la località di Ca' Tron e piegava prima verso Marteggia poi verso il fosso Gorgazzo che accompagna la strada ancora oggi percorribile sotto forma di campestre fino a Musile di Piave. Nel 1932 lungo il canale vennero disotterrati due miliari, senza però l'indicazione delle miglia, uno dedicato a Gioviano (363-364 d.C.) l'altro ai tetrarchi Valentiniano, Teodosio e Arcadio (383-392 d.C.).
A sud di San Donà il tracciato è ben visibile fino al canale Grassaga dove si rinvennero due piloni di un ponte oltre il quale la via puntava decisamente verso nord in direzione della Livenza. Un altro ponte, simile al primo per forma e dimensioni dei manufatti superstiti, fu messo in luce a SE di Ceggia in corrispondenza del Canalat. L'immagine dall'alto evidenzia l'alveo dell'antico fiume oggi interrato. Poco lontano si rinvenne anche una colonna inscritta con l'indicazione del XX miglio, prova indiscutibile che l'agro di Altino giungeva quanto meno fino al fiume Livenza. Qui va collocata una delle due stazioni di posta che l'itinerario Burdigalense pone a 9 miglia da Concordia. Avendone omessa una, di cui purtroppo si ignora il nome mancando ogni altro soccorso di fonti epigrafiche o letterarie note, sappiamo solo che potrebbe essere la mutatio Sanos ma naturalmente non si può dire se essa fosse la prima o la seconda dopo Altino.
Qui la strada, che si identifica per buoni tratti con la statale della Venezia Giulia, piega verso est passando per Levada e proseguendo a nord di Concordia Sagittaria, colonia fondata nel 41 d.C. e con la quale comunicava per mezzo di due strade di raccordo, una verso levante, l'altra verso ponente. Da Concordia la via Annia aveva in comune con la via Postumia, probabilmente fin dall'anno della sua fondazione, il tratto finale fino ad Aquileia. Superato il fiume Lemene, dove sembra si siano rinvenuti i resti del ponte, la via toccava San Giacomo, Villanova, Vado e San Giorgio al Tagliamento.
IGM 1:25000 - Sezione loc. Bellesine Musile di Piave sez. tavoletta IGM 1:25000 San Donà di Piave IGM 1:25000 - Sezione loc. Passerella |
Immagini Google dal satellite |
Altri miliari vennero rinvenuti in tempi più recenti a Calnova Fiorentina, a meridione di San Donà di Piave. Uno (autunno 1993) con la solita dedica a Valentiniano, Teodosio e Arcadio (383-392 d.C.), un altro in onore di Diocleziano (284-305 d.C.), un altro ancora spezzato nella parte inscritta andata dispersa.
Via Annia dal Ponte Romano a Concordia sez. tavoletta IGM 1:100000 Pordenone | Immagini Google dal satellite
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Percorso Concordia - Aquileia
A 9 miglia dalla città la mutatio Apicilia andrà collocata in corrispondenza del passaggio del fiume Tagliamenteo, a Latisanotta, che dista appunto 13 km da Concordia. Il percorso antico corrisponde pressapoco a quello moderno della statale che, toccati i centri di Palazzolo dello Stella, Muzzana, Lovaduzza (chiaro il riferimento di una strada sopraelevata), Zellina (qui fu trovato un miliario privo della distanza, P. Suppl. CIL V 1062), giunge diritta fino a San Giorgio di Nogaro dove, superato probabilmente a guado il fiume Corno, poco oltre, a Chiarisacco, si incontrava la mutatio ad Undecimum dell'itinerario Burdigalense che indica appunto 11 miglia da Aquileia, corrispondenti a 16 km e mezzo. Qui si rinvennero ben tre miliari (CIL V 7993, P. Suppl. CIL V 1061, 1063), senza però l'indicazione della distanza, dato peraltro superfluo essendo manifesto nel nome della stazione di posta.
Qui la strada piega a meridione puntando direttamente su Aquileia. Presso Torviscosa si rinvenne l'iscrizione che parla espressamente della via Annia labe conruptam e del suo rifacimento a porta usque ad septimum miliarem. Tale cippo corrisponde al passaggio dell'attuale roggia Zumiel dove si rinvenne l'antica massicciata. Più avanti a valicare il fiume Aussa era posto lo storico ponte Orlando, i cui resti sono ancora oggi visibili sotto il pelo dell'acqua. Qui nel 1935 si rinvenne il miliario dedicato all'imperatore Gioviano. Proseguendo ancora, in località Moruzis, venne alla luce l'altra iscrizione che parla della via Annia influentibus palustribus aquas eververatam di cui si è detto.
L'avvicinamento alla città avveniva attraverso i fondi "Ravendola" e "Marignane" costeggiando i consueti sepolcreti messi parzilmente in luce grazie a scavi condotti in passato.
Via Annia verso Aquileia sez. tavoletta IGM 1:100000 Palmanova IGM 1:25000 - Sezione Torviscosa, loc. Malisana
Aquileia dal satellite |
Immagini Google dal satellite
Qui si rinvennero i due miliari dell'imperatore Gioviano con testo uguale a quello di Bellesine-Cascinelle. Il primo nel 1935 a Terzo di Aquileia, sulla sponda sinistra del fiume Aussa, località Ponte Orlando, il secondo nel 1969 in località Seiuzze a circa 4 km da Aquileia in direzione NO. Sul primo di questi due miliari appare incisa la parola TRIUMEATORI anziché TRIMFATORI. Il secondo fu reimpiegato sul retro per apporre la scritta dei tetrarchi successori di Gioviano:
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